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Lunedì 25 febbraio Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
TUTTI I NOSTRI DESIDERI
(Francia 2011) di Philippe Lioret dur. 120'
con Fabrice Lindon, Marie Gillain, Amandine Dewasmes
A Lione, una giovane magistrato con famiglia felice scopre di avere un tumore cerebrale non operabile. Allo stesso tempo si trova a dover difendere una donna piena di debiti contratti con le banche e costretta a tirar su da sola una figlia. Il problema è che non vuole curarsi, ma il tempo del processo stringe.
Premi:
1 nomination ad un premio internazionale.
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Così la critica:
Federico Chiacchiari (Sentieri Selvaggi)
Siamo fatti di sguardi, di sogni, contatti, desideri. Nessuna di queste benedette cose implica il possederle. Le cose che più contano, alla fine, non si hanno, si vivono. Come le persone. E lo sguardo dolce e ambiguo di Loiret, ci regala l’ennesimo piccolo, piccolissimo capolavoro di un regista che, ormai ci è chiaro, riesce a illuminare col cuore ogni storia. E come sempre, solo nelle storie di morte possiamo vedere, davvero, l’amore.
Fabio Ferzetti (Il Messaggero)
Un film di guerra fatto solo d’amore. È il paradosso di “Tutti i nostri desideri”, nuova prova del regista di “Welcome”, che reinventa il cinema sociale fondendo a meraviglia il generale con il particolare, ovvero la sofferenza del corpo sociale, come si dice, con quella individuale, in cui è molto più facile (e perfino giusto) identificarsi.
Andrea Chimento (Cineforum)
Nonostante siano rimaste invariate le capacità di ritrarre con umana partecipazione i suoi protagonisti, lo stile di Lioret appare meno spontaneo: se in “Welcome” la narrazione procedeva senza intoppi, qui vi è più di un momento in cui si perde il coinvolgimento. La causa è da ricercarsi in un ampio ricorso alla facile retorica, spesso infarcita di svolte di sceneggiatura troppo costruite a tavolino per non cadere nel rischio di diventare ricattatorie.
Maurizio Acerbi (Il Giornale)
Un cast in stato di grazia viene assecondato da una regia fine e mai banale capace di imprimerci il messaggio di fondo: basta un briciolo di pietas per far sopravvivere l’umanità.
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PHILIPPE LIORET Parigi (Francia), 1955
Philippe Lioret è entrato nel mondo del cinema lavorando come tecnico del suono per registi come Robert Altman e Michel Deville. Nel 1994 debutta dietro la mdp con “Tombés du ciel”, premiato a San Sebastian: “Un oggetto bizzarro, tra commedia surreale e dramma sociale, con l’affascinante idea centrale dell'aeroporto come ultimo paradossale spazio alternativo per minoranze misteriose” (Grosoli). Come il successivo “Tenue correcte exigée” (1997) è inedito in Italia. Con delicatezza di stile, nel 2001 racconta in “Mademoiselle” la breve storia d’amore tra una manager e un intrattenitore, in “L'équipier” (2005, primo premio a France Cinéma e tre candidature ai premi César) disegna un tragico triangolo amoroso fra un reduce d'Algeria, il guardiano di un faro della Bretagna e la moglie di quest'ultimo e “Je vais bien, ne t'en fais pas” (2006) è la convincente e coinvolgente storia di una ragazza che va alla ricerca del fratello gemello scomparso. Con “Welcome” (2009, premiato a Berlino) raggiunge infine il successo internazionale. Proiettato dal Cineforum nella stagione 2010/11, “è dedicato dal regista a uomini in fuga dai propri paesi e determinati a raggiungere quell’Eldorado che l’Inghilterra rappresenta ai loro occhi”.
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