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Lunedì 24 marzo Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
LA NAVE DOLCE
(Italia, Albania 2012) di Daniele Vicari (90’)
Documentario
Era l’agosto del 1991quando il mercantile Vlora, carico di zucchero, comparso all’improvviso nel porto di Durazzo, fu invaso da migliaia di albanesi che costrinsero il capitano a fare rotta verso “Lamerica”, sognata e vista in TV. Approdarono l’8 agosto nel porto di Bari, mettendo l’Italia, paese di emigranti, di fronte al problema dell’immigrazione di massa.
Premi:
Vincitore di 2 premi internazionali: Premio Biografilm e Premio Pasinetti al Miglior Documentario alla Mostra del Cinema di Venezia.
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Così la critica:
Giancarlo Zappoli (MyMovies)
(…) Il primo a trasformare una nave stracolma di persone nel segno di un passaggio epocale è stato, nel 1994, Gianni Amelio con Lamerica. Quell’immagine prelevata dalla cronaca e trasformata in spazio catalizzatore della vicenda narrata dal film è rimasta negli occhi di chi apprezza il cinema. A distanza di diciott’anni Daniele Vicari ci ripropone le immagini documentarie di quel viaggio della speranza trasformandole in una narrazione condotta da chi su quella nave (“dolce” perché con a bordo un carico di zucchero che è servito, come ricorda uno degli interventi, a “tenere viva l’anima”) c’era. Il materiale utilizzato non può essere definito “di repertorio” perché Vicari si è trovato di fronte a centinaia di ore di girato mai utilizzato da parte di televisioni private dell’epoca. Ha potuto così far rivivere ciò che era finito in archivio grazie alla testimonianza di chi, per le ragioni più diverse, era salito sulla Vlora sperando oltre ogni speranza.
Carla Delmiglio (Segnocinema)
(…) Un materiale spesso inedito, utilizzato in modo di trasformare una massa indistinta in umanità sofferente, passando dalle immagini totali a inquadrature su corpi e volti. Il documentario diventa narrazione delle singole storie di vita, che danno ritmo, varietà, densità emotiva all’insieme. Mutando ancora, col procedere del viaggio, in epica ricerca della libertà. Fino all’orrendo stadio infuocato in cui vengono tutti rinchiusi, allo scontro politico tra Cossiga e autorità locali, e al respingimento in patria, il primo. Una denuncia. Una ricerca della verità storica (come in Diaz) attraverso una cronaca dettagliata, coinvolgente, nonostante la monotonia della struttura, cui si giunge mettendo in scena la profonda umanità di coloro che misero in gioco la vita. Per non dimenticare.
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DANIELE VICARI - Castel di Tora (Rieti), 1967
"Mai sottovalutarlo. Anche se si sente dire all'unisono e senza esitazione: «Non lo conosco». Daniele Vicari è uno dei pochi narratori audiovisivi italiani che offrono un sostegno a quelle microstorie mai raccontante, scivolando, ogni qualvolta se ne presentava l'occasione, nella visione artistica di una paura da affrontare o di una sfida da seguire. Per lui, il cinema è un affare sociale, strumento, al pari grado di altre arti, di svisceramento della sensibilità all'interno dei rapporti fra gli uomini. Il mettere in relazione. Questo è il suo stile e da qui partono i suoi progetti, pur originandosi sempre da qualcosa che gli è familiare, dalle automobili alla vita dei pastori macedoni in Italia. Patinato e pragmatico, a volte, e sperimentale e futuribile, in altre, è comunque uno dei pochi autori italiani capaci di accettare il rischio della ricerca espressiva, seguendo contaminazioni che ridanno linfa nuova a quel processo artistico, viscerale e intuitivo che è il cinema " (Frau, MyMovies).
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