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Lunedì 10 febbraio Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
FRANKENWEENIE
(Stati Uniti, 2012) di Tim Burton (87')
Animazione
Il piccolo Victor Frankenstein presenta ai propri genitori un piccolo film amatoriale di cui è protagonista il suo cane Sparky che è l'unico vero amico del ragazzino. Un giorno Sparky muore investito da un'auto. Il dolore per Victor è così forte che, in seguito a un esperimento su una rana a cui ha assistito nel corso di una lezione, decide di disseppellire il cane e di tentare di riportarlo in vita. L'operazione riesce ma ora Sparky va tenuto nascosto. Si tratta di un'impresa non facile...
Premi:
Vincitore di 10 premi internazionali (più 28 nomination) tra cui la nomination all'Oscar come migior film d'animazione,
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Così la critica:
Giancarlo Zappoli (Mymovies)
Nelle vicende di Sparky e di Victor c'è la consapevolezza di un artista completo che torna all'animazione utilizzando il bianco e nero e la tecnica della stop motion, idea già accarezzata nel 1984 ma abbandonata per problemi di budget... Il cinema di Burton si è sempre confrontato con la morte e con la diversità. Con Frankenweenie tocca uno dei vertici più alti della sua riflessione grazie all'apparente semplicità dell'assunto che ha alla propria base la profondità di ricerca di un regista che è tornato al vertice.
Giulio Sangiorgio (FilmTV)
Mentre ritira dal proiettore la pellicola bruciata del suo monster movie amatoriale, Victor afferma convinto: «Posso aggiustarlo». Così oggi Tim Burton, autore riconosciuto e sfruttata griffe commerciale, può aggiustare il suo Frankenweenie (1984) facendone un lungometraggio non in live action, ma in stop motion, come ai tempi avrebbe voluto… Frankenweenie segue l’originale, mantenendo il b/n, ricordandone le ambientazioni, sviluppando le psicologie e arricchendo le linee narrative: un cenno di malinconico affaire amoroso con l’incarnazione animata della Winona Ryder di Beetlejuice...
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TIM BURTON - Burbank (Stati Uniti), 1958
“Tim Burton deve essere molto soddisfatto del suo ruolo nella storia della settima arte. Al contrario dei registi hollywoodiani, è uno che è riuscito a crearsi una nicchia tutta sua, fatta di parabole gentili e malinconiche, di universi personalissimi e visionari, con uno stile sofisticato e assolutamente inconfondibile, nonché contaminato dalle atmosfere espressioniste dei classici dell'horror del passato che ogni tanto colora con i suoi pastelli ultrakitsch. Anche noi facciamo parte di quel microcosmo solo all'apparenza così minaccioso. Ne facciamo parte nel momento in cui sentiamo che le parole dei personaggi che animano i suoi film sono le stesse che sentiamo noi nel momento di massima solitudine e di estrema incomprensione (…). Ed è esattamente questo ciò che lui vuole fare, partire dalla diversità per renderci tutti uguali, senza deludere mai le aspettative e costruendo storie che sono al servizio di un unico sentimento. Burton ama e rispetta tutti, i vivi e i morti, i mostri e i normali. Non bisogna lasciarsi trarre in inganno, è un professionista assoluto del cinema. Guardi un suo film e ti chiedi come faccia a fare tutto e così bene. La risposta è più facile di quel che si creda: perché possiede un talento che forse nemmeno lui sa di avere. Perché sposa il bianco e il nero con delle imponenti scenografie di stampo espressionista e miscela il tutto con delle partiture musicali da Oscar. Il prodotto è un cinema profondo e profondamente personale, per animi sensibili e romantici, autenticamente favolistica, con quel tocco di inatteso e una lieve e palpabile ironia che non incrina, ma fa volare” (Fabio Secchi Frau, MyMovies)
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