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Lunedì 25 novembre Evento speciale Ore 16:15 - 20:15
BELLA ADDORMENTATA
(Italia) di Marco Bellocchio (115’)
Con Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rochrwacher, MicheleRiondino, Maya Sansa, Piergiorgio Bellocchio, Gianmarco Tognazzi, Fabrizio Falco, Brenno Placido
Il caso Englaro diventa per Bellocchio una meditazione intorno al dolore che rompe la felice identità con cui abitiamo il nostro corpo e quindi il mondo. Un senatore deve scegliere se votare per una legge che va contro la sua coscienza o non votarla, disubbidendo alla disciplina del partito, mentre sua figlia Maria, attivista del movimento per la vita, manifesta davanti alla clinica dove è ricoverata Eluana. Alcune storie si incrociano solcando le tracce di un dolore immenso e tragico.
Premi:
Vincitore di 5 premi internazionali (più 9 nomination) tra cui il David di Donatello come Miglior Attrice non protagonista, il Premio Brian e il Premio Mastroianni alla Mostra del Cinema di Venezia e un Nastro d'Argento Speciale.
Il film sarà presentato dal regista Marco Bellocchio e da Beppino Englaro.
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Così la critica:
Anna Antonini (Duellanti)
Bella addormentata si presenta alle aspettative del pubblico reggendosi su un equivoco che non ha provocato e nemmeno alimentato: non si tratta di un film sul caso della famiglia Englaro e alla fine della visione si insinua un più che fondato sospetto che a essere in stato vegetativo non sia un essere umano ma un concetto, una condizione, un principio. Il ruolo strumentale dei media che hanno accompagnato la pellicola dalla lavorazione alle sale sembra essere profeticamente annunciato dall’opera stessa, ma non si tratta di presagio quanto di osservazione della realtà quotidiana fatta di display, schermi televisivi, immagini, come di proiezioni di sé e della propria volontà sugli altri.
Carlo Chatrian (Duellanti)
A poco vale cercare di riassumere le storie che animano Bella addormentata: ciò che rende vitale l’ultimo film di Bellocchio è il costante contrappunto tra le posizioni che come in una fuga rilanciano il tema di fondo, offrendo nuove e inattese interpretazioni. Nel rievocare i sei giorni degli eventi, Bellocchio non traccia una linea continua. Adotta al contrario una modalità labirintica, che imponendo allo spettatore di compiere un cammino ne sospende l’impulso innato al giudizio. La solitudine è pure quella di una nazione che non sa dove trovarsi. In questo ha ragione chi ha considerato l’opera non tanto la cronaca di una vicenda quanto la radiografia di un Paese. Emerso dalle incursioni nel passato dell’Italia, il regista guarda con occhio disincantato il brutto presente in cui viviamo. La cosa più dolorosa è che, nella notte del film, tra le spire di una ragnatela che si è intessuta sotto i nostri piedi, i personaggi ancora palpitano di un’umanità resistente.
Andrea Lavagnino (Duellanti)
Bella addormentata è un titolo rivelatore. Le sue immagini non vengono esibite, come non furono mostrate dai media nel 2009. Le persone che protestano, recitano rosari, proclamano in Parlamento la loro contrarietà alla sospensione dell’alimentazione artificiale stanno tutte compiendo un atto di fede. Lontano da qualsiasi dinamica fattuale per quanto i mezzi di comunicazione di massa si siano affrettati a parlare di un discorso sull’eutanasia, sul caso Englaro o sul testamento biologico il film, nei diversi percorsi umani che intreccia, assolve al principale compito di osservare la fragilità dell’uomo di fronte alla fine dell’esistenza. Al di là di ogni polemica e di ogni possibile attualizzazione, la dimensione civile è quella dell’interrogativo, della scelta politica, della coscienza privata, fallace e insicura. I protagonisti maschili, infatti, sono soggetti isolati, esclusi in una realtà fatta di clan e schieramenti, nel mondo istituzionale e ospedaliero. La Divina Madre (Huppert) piangerà alla fine del film per tutta la vita una figlia che non potrà morire, né ridestarsi, in un’attesa estenuante. Ed è questo dolore, il lascito di Bellocchio allo spettatore, il testimone di riflessione, che nel buio dei titoli conclusivi rimanderà al singolo, laico o cattolico, una rielaborazione di quanto visto. Per uscire, quando sarà il momento, dal proprio torpore.
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MARCO BELLOCCHIO - Bobbio (PC), 1939
Bellocchio è uno dei registi più anticonformisti del nostro cinema e con il suo coraggio, con la sua puntualità, ha deciso di portare avanti le sue idee laiche difendendole con la forza espressiva dell’arte entrando nella complessità degli argomenti, dalla complessità sessantottina alle conseguenze drammatiche degli anni di piombo, dalla follia dei manicomi all’incapacità di amare delle persone comuni. Nato e cresciuto a Bobbio, frequenta le scuole salesiane dove dimostra già da piccolo un animo ribelle, segno distintivo che lo caratterizzerà anche in età adulta. Dopo le scuole superiori inizia gli studi universitari interrotti poco dopo per seguire le orme del cinema. Si iscrive così al Centro Sperimentale di cinematografia di Roma e comincia la sua ricchissima carriera da regista di cortometraggi, fiction e documentari. Attratto dalla complessità del cinema, approfondisce tutti gli aspetti dell’arte, formandosi soprattutto sugli aspetti del neorealismo e e della tetralogia della malattia dei sentimenti di Antonioni. Unisce così la sua sapienza tecnica ad un raffinato gusto estetico realizzando I pugni in tasca (1965) presentato alla Mostra di Venezia come produzione indipendente. Un film crudele, sfrontato, distruttivo. Due anni dopo presenta La cina è vicina, un intenso film di contestazione che riprende i temi del lavoro precedente. Prosegue con Sbatti il mostro in prima pagina, Nel nome del padre, Matti da slegare, Marcia trionfale, Il gabbiano, Salto nel vuoto, Gli occhi la bocca, Vacanze in valtrebbia (autobiografia del ritorno a Bobbio), Diavolo in corpo, Enrico iv, La visione del sabba, Il principe di Homburg, La balia, L’ora di religione, Buongiorno notte, Sorelle mai, Il regista dei matrimoni, Vincere, Bella addormentata.
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