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Lunedì 20 Novembre Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
MANCHESTER BY THE SEA

(USA, 2016) di Kenneth Lonergan – dur. 137’
con Casey Affleck, Michelle Williams, Kyle Chandler, Lucas Hedges, Gretchen Mol.

Lee Chandler uno scontroso e solitario idraulico vive in un seminterrato a Boston, tormentato dal suo passato, quando apprende la notizia della morte del fratello è obbligato a tornare nella sua cittadina di origine nel Massachussetts, Manchester-by-the-sea, dove viene nominato tutore del nipote adolescente rimasto orfano.

Premi:
Vincitore di 115 premi internazionali più 239 nomination, tra i quali 2 premi Oscar (Miglior attore protagonista, Migliore sceneggiatura) e 4 nomination all’Oscar (Film, Attore non protagonista, Attrice non protagonista, Regia), 1 Golden Globe (Miglior attore protagonista) e 4 nomination ai Golden Globe (Film, Attrice non protagonista, Regia, Sceneggiatura), 2 BAFTA (Miglior attore protagonista, Migliore sceneggiatura).

Locandina del film immagine tratta dal film
Così la critica:
Marco Scognamiglio (Il Venerdì di Repubblica)
(…) Manchaer by the Sea è il terzo film di Kenneth Lonergan, talentuoso regista e sceneggiatore newyorkese ancora poco conosciuto anche a causa della sfortunata vicenda legata alla produzione del precedente Margaret, che nonostante l'aiuto di gente come Sydney Pollack e Martin Scorsese ha impiegato anni a trovare i finanziamenti per essere terminato. Sembra però arrivato il momento della rivincita: Manchester by the Sea ha ricevuto ovunque grandi consensi (in Italia è stato applaudito al Festival di Roma) ed è tra i grandi favoriti per l'Oscar mentre Casey Affleck, nei panni di Lee, ha trionfato ai Golden Globes. Nella sua straordinaria interpretazione il dolore trattenuto, la rabbia pronta a esplodere, il desiderio di alienazione e il continuo riaffacciarsi dei rimorsi scorrono sul suo viso, facendo crepe nella corazza di ghiaccio da cui si è lasciato avvolgere il giorno in cui, a causa di un errore fatale, la sua vita è andata in frantumi (…). Il rischio di tutti i film che decidono di raccontare il dolore è quello di manipolare lo spettatore, comandandone a bacchetta le reazioni emotive. Niente di più lontano da Manchester by the Sea, a tal punto sincero e attento alla misura da riuscire a usare il ralenti, o un commento musicale che prevede l'Adagio di Albinoni senza scadere nella retorica. Merito anche di una sceneggiatura che, nel raccontare il rapporto fra Lee e Patrick, tanto impreparati alla convivenza forzata da risultare a tratti divertenti, riesce ad alleggerire il dramma senza snaturarlo, anzi restituendogli quell'ambivalenza dei sentimenti che è propria della vita vera..

Federico Gironi (Coming Soon)
Manchester by the Sea è un dramma che dice cose terribili ma non te le urla in faccia: te le sussurra piano, con lo sguardo basso, la testa voltata dall'altra parte, perché fanno male, perché sono così private e fragili da richiedere di essere trattate con i guanti, anche se viviamo nell'epoca dove tutto invece è solitamente gridato ai quattro venti dei social o della televisione, scagliato addosso al muro che divide indifferenza e indignazione.
È un film che si prende il suo tempo, il lusso di un ritmo disteso e felpato, perché non si corre nei corridoi del cuore, o a un funerale, ma che non per questo ti chiede un secondo di più di quello che è strettamente necessario a dirti l'essenziale, lasciando che siano il tuo cervello e la tua pancia a metterci in mezzo tutte le implicazioni e le riflessioni del caso. È un film che sa di essere un film, e non un episodio della famiglia Bradford, e che quindi sa chiudere senza risolvere proprio tutto, senza catarsi liberatorie e consolatorie, ma non per questo indugiando sadicamente nell'impossibilità di girare una pagina o di ricominciare ad amare.
HIROKAZU KORE-EDA
Tokyo, Giappone, 6 giugno 1962

Regista, sceneggiatore, romanziere e produttore. Dopo la laurea fa esperienza presso la TV Man Union dirigendo documentari, cortometraggi e spot pubblicitari. È centrale nel suo cinema il tema dei legami personali e di quelli familiari in particolare. Nei suoi lungometraggi (l’esordio avviene nel 1995 con ‘Maborosi’) affronta anche i temi della memoria e dell’elaborazione del lutto. La notorietà internazionale arriva nel 1998 con ‘After Life’, favola metafisica sul passaggio dalla vita alla morte, durante il quale i protagonisti sono invitati a portare solo un ricordo, lasciando tutti gli altri. Nel seguente 'Distance' (2001) il regista descrive il dolore e la vergogna di una famiglia di un bioterrorista morto in un'azione suicida. Un tema doloroso come quello di 'Nobody Knows' (2004), incentrato sulla vicenda (vera) di quattro bambini, tutti di padre diverso, abbandonati dalla loro madre completamente irresponsabile. Se nei lavori successivi - 'Hana' (2006), 'Still Walking' (2008), 'Air Doll' (2009, tratto da un celebre manga) e 'The Days After' (2011) – Kore-eda si avvicina a una produzione più commerciale, con ‘Father and Son’ (2013) e ‘Little Sister’ (2015) il regista giapponese ritorna a scavare a fondo nell'animo umano per cercare quelle ragioni autentiche che determinano i legami.
Foto del regista
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