Così la critica:
Roberto Nepoti (La Repubblica)
Premesso che si tratta di un bel film (unfeel-good-movie alla francese con qualche venatura amara), Il medico di campagna darà materia di discussione agli spettatori. Molti dei quali, come pazienti, rimpiangono l'umanesimo della medicina porta-a-porta a fronte di quella impersonale di oggi, quando il dottore è sempre meno un confidente e sempre più un "tecnico". E tuttavia Thomas Lilti, che ha esercitato a lungo come medico prima di soccombere al virus del cinema, non fa prediche ma si limita a porre la questione, che è seria. Senza mai dimenticare che sta raccontando una storia di "caratteri"; e lo fa molto bene.
Mauro Donzelli (Coming Soon.it)
Lilti con la sua opera terza, Il medico di campagna, sposta la sua attenzione sulla figura del maturo dottore generalista di campagna Jean-Pierre, sfruttando ancora una volta alcune sue esperienze dirette. Una figura affascinante, quella del guaritore a domicilio, con la sua borsa di pelle accanto alla vita, che gira per la provincia francese portando la sua sapienza di guaritore, ma soprattutto la saggezza di qualche parola ben spesa. Incontri particolari Jean-Pierre ne fa da tanti anni, lui che vive per il suo lavoro, giorno e notte, sette giorni su sette, e ha la fiducia cieca dei suoi pazienti.
Fabio Ferzetti (Il Messaggero)
Vecchi e giovani, malati veri e coppie sbilenche, campi nomadi e sindaci affaristi, momenti drammatici e tipi buffi: a posteriori non manca niente, ma Lilti e i suoi attori (eccellenti Cluzet e la Denicourt, perfetti tutti gli altri) hanno tempi perfetti, sguardo acuto, e alle spalle una struttura di racconto così solida da essere invisibile. Bulgakov e anche Cechov sono passati di qui. Ma l'ex-medico Lilti ne approfitta per aprirci gli occhi sul presente.
Thomas Lilti (Il regista)
Il medico di campagna è come un vero eroe popolare, la gente lo ama e ha la particolarità di essere una figura quasi in via di estinzione a causa del continuo spopolamento delle campagne. Incarna un importante ruolo sociale e funge da legame tra le generazioni, lottando contro l'isolamento e la solitudine dei suoi pazienti. Nel mio film, ha il volto di François Cluzet, che a differenza di Marianne Denicourt (che interpreta Nathalie) non ha voluto trascorrere tempo in compagnia di un vero medico di campagna.
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