Così la critica:
Alessandra Vitali (La Repubblica)
Un viaggio on the road bizzarro e poetico, tra favola e realismo. Destinazione finale un paesino dei Carpazi in Ucraina. Da conquistare passando per luoghi desolati, delinquenti, incidenti di percorso, famiglie generose, natura padrona, guardie di frontiera annoiate e infamissime. Tutto lontano anni luce dai circuiti turistici, dalle città conosciute.La sensazione costante di essere fuori dal mondo, non fosse per i selfie che tutti scattano di continuo con Isidoro, come se non avessero mai visto un ragazzo cicciottone, taciturno, lo sguardo buono e una bara al seguito su e giù per i Carpazi. Nella bara c'è Taras, un operaio ucraino morto in un incidente sul lavoro nel cantiere di Filo, il fratello di Isidoro. (…) Il povero Taras ha fatto un volo che l'ha sottratto per sempre agli affetti che lo aspettavano al di là dei monti, delle foreste, delle autostrade lunghe e noiose. In qualche modo ci tornerà, e se Isidoro farà un favore a lui (più che al fratello che gliel'aveva chiesto), in un certo senso Taras glielo ricambierà, consentendogli di riscattarsi da una vita di fallimenti. Di imparare a riconoscere, e a combattere, le incertezze e le paure. E di trovare, alla fine di quel cammino, tutto quello che gli mancava, cioè quel poco che serve: un sentimento, un futuro, qualcuno da amare.
Giancarlo Zapooli (MyMovie)
Magnani non si limita, grazie a uno straordinariamente efficace Nicola Nocella, a presentarci un novello Candide che torna a conoscere un mondo che è profondamente mutato da quando lui si è chiuso in un triste isolamento. Ci viene infatti, anche proposto un sottobosco imprenditoriale italiano privo di scrupoli, perfettamente rappresentato dal fratello che vuole occultare una morte bianca sfruttando l'ingenuità e la passione repressa per la guida di Easy. Ma non solo, perché il viaggio è costellato di inconvenienti a volte provocatori di risate e in altri casi tendenti alla riflessione sullo stato dell'Unione. Non quella americana bensì quella europea. Perché in questo trasferimento verso Est con bara al seguito si ha modo di scorgere quell'Europa a due velocità di cui si è a lungo è parlato in un passato recente. Da un lato un'Italia che ha un rapporto ambivalente con i migranti (da respingere ma anche da sfruttare) e poi, più si va verso Oriente, Paesi in cui la dimensione rurale ha ancora una grande importanza.
Fabio Ferzetti (Il Messaggero)
Vecchi e giovani, malati veri e coppie sbilenche, campi nomadi e sindaci affaristi, momenti drammatici e tipi buffi: a posteriori non manca niente, ma Lilti e i suoi attori (eccellenti Cluzet e la Denicourt, perfetti tutti gli altri) hanno tempi perfetti, sguardo acuto, e alle spalle una struttura di racconto così solida da essere invisibile. Bulgakov e anche Cechov sono passati di qui. Ma l'ex-medico Lilti ne approfitta per aprirci gli occhi sul presente.
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