LUC DARDENNE
Awirs, Belgio, 10 marzo 1954
JEAN-PIERRE DARDENNE
Engins, 21 aprile 1951
“I Dardenne continuano a togliere, ad asciugare trama, dialoghi e décor. E più tolgono, più il risultato è potente” (Tassi, Cineforum, 2002).
“Cinema lucido, concreto, preciso nei particolari, fatto di sguardi, con un uso della cinepresa a spalla mai così fluido, funzionale, espressivo” (Morandini, 2002).
“Mostrare la realtà senza mai giudicarla. Piuttosto mettendola in scena con un rigore assoluto, bressoniano. I Dardenne si impongono per un cinema che affronta la crisi sociale, le sue urgenze e i suoi drammi lasciandosi alle spalle tutte le sovrastrutture di tipo post-marxista che influenza o sono alla radice del cosiddetto cinema di impegno. Al pari di due entomologi registrano i fatti del reale senza orpelli, senza aggiungere nulla, incollati ai loro sfortunati protagonisti. Ai Dardenne è sufficiente la forza di ciò che si mette in scena per creare denuncia, anche la più scomoda, la più dura e intransigente” (Termenini, Cineforum, 2008).
“Dei Dardenne non se ne può davvero più” (Gomarasca, Nocturno, 2008).
“I Dardenne sono tra i pochi registi a fare psicologia e sociologia a livelli siderali senza mai dare l'impressione di farlo” (Piacenza, CdSera, 2011).
“Con il passare degli anni hanno rinunciato a un po’ di rigore, inteso come punizione verso gli spettatori. I fan della prima ora storcono il naso, gli altri cominciano ad apprezzare il loro lavoro”. (Mancuso, Cineforum, 2014).
“Il cinema dei fratelli belgi è un distributore automatico di dolore: con la costanza della ragione della loro camera, riescono a pedinare, scrutare oltre l'apparenza, isolando un'ossessione senza bandiere di realismo” (Porro, CdSera, 2016).
Nel corso degli anni, i soci del Cineforum Imperia hanno potuto apprezzare tutti i loro lungometraggi: ‘La promesse’ (1996), ‘Rosetta’ (1999), ‘Il figlio’ (2002), ‘L’enfant’ (2005), ‘Il matrimonio di Lorna’ (2008), ‘Il ragazzo con la bicicletta’ (2011), ‘Due giorni, una notte’ (2014).
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