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Lunedì 26 febbraio Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
A CASA NOSTRA

(Francia, Belgio, 2017) di Lucas Belvaux – dur. 117'
Con Émilie Dequenne, André Dussollier, Guillaume Gouix, Catherine Jacob, Anne Marivi.

Pauline Duhez è un'infermiera della zona di Pas de Calais conosciuta e amata da tutti è la candidata perfetta, esca da manipolare per il RNP (che è solo un altro modo per dire Front National), partito che per vincere le elezioni deve ripulirsi da un passato xenofobo e violento.


Premi:
Nominato a 2 premi internazionali.

Locandina del film immagine tratta dal film
Così la critica:
Andrea Fornasiero (My Movies)
Accolto dalle proteste del Front National già all'apparizione del trailer, “A casa nostra” è stato lanciato in Francia il 22 febbraio, per avere il massimo impatto possibile sulla campagna elettorale presidenziale e per ricordare all'elettorato l'anima nera che si nasconde sotto i messaggi della Le Pen. L'operazione è dunque tanto politica quanto cinematografica e il regista, Lucas Belvaux, veste per l'occasione panni fieramente militanti ma senza sacrificare il racconto e i personaggi, a parte per il finale troppo programmatico e sbrigativo. Interpretata dall'indimenticata Rosetta dei fratelli Dardenne, Émilie Dequenne, (Pauline) ha davvero un calore umano convincente e contagioso, inoltre la sua relativa ingenuità è giustificata dai molti problemi che affronta contemporaneamente e a cui deve prestare attenzione, come l'istruzione dei figli e il padre che non si vuole curare. In più Pauline, per quanto si ritenga vagamente "di sinistra" non si interessa di politica da decenni e ha stima del dottor Berthier, che è stato molto generoso con la sua famiglia. Ed è proprio qui la forza del film: nel raccontare come anche una persona perbene, cresciuta con valori progressisti, possa facilmente scivolare nelle maglie di una retorica suadente, che ha attentamente rimosso le parole più incendiarie. Infatti assistiamo in più scene a Berthier e alla Dorgelle spiegare che non si può usare un linguaggio razzista, ma basta dire delinquenti e la gente capirà, anche perché se gli elettori usano quel tipo di linguaggio non c'è bisogno di correggerli, è una scelta loro. Un sofisticato gioco di detto e non-detto per cui si rivendica, come recita il titolo internazionale This Is Our Land, che questa terra è "nostra" quando si intende soprattutto che non è "loro".

Mauro Donzelli (Coming Soon)
Belvaux si pone la domanda che hanno in testa da tempo tanti politologi ed elettori francesi: come può la figlia di un operaio metallurgico comunista finire per candidarsi per il Front National, un partito oltretutto di cui sa molto poco? Una tinta di biondo, qualche foto e un sorriso alla presentazione per la stampa: si limita a questo l’impegno richiesto, niente condivisione di un programma e per mandare avanti il paese ci penseranno “i funzionari e gli esperti burocrati”. La sconfitta delle idee, delle proposte concrete, per una verniciatura linguistica che sia di conforto agli elettori, li liberi dal tabù di votare la destra estrema. Sono molti, anche troppi, gli argomenti trattati in “A casa nostra”, non manca una famiglia musulmana dove capita per lavoro Pauline e un (ex?) naziskin fiamma da adolescente con cui inizia a far coppia fissa. L’abilità di Lucas Belvaux è quella di seminare dubbi e domande, senza forzare le risposte attraverso personaggi troppo immersi nella caricatura, pur non nascondendo il suo punto di partenza: la pericolosità della riconversione democratica frettolosa.

LUCAS BELVAUX
Namur, Belgio, 14 novembre 1961

“I miei film sono legati a un territorio, a una geografia. Il luogo struttura il film, per questo ho sempre bisogno di conoscere le città, prima ancora di iniziare a scrivere la sceneggiatura”.
Dall'età di 16 anni e per vent'anni lavora come attore televisivo e cinematografico. Nel 1992 dirige il suo primo lungometraggio: 'Parfois trop d'amour', a cui segue 'Pour rire!' (1996), una straordinaria performance attoriale di J.P. Leaud nella parte di un uomo tradito dalla moglie che decide di adeguarsi e di stravolgere la vita dei due amanti. Nel 2002 realizza ‘La Trilogie’, una serie di tre lungometraggi a palese indirizzo televisivo collegati tra loro dai medesimi personaggi e intrecci di storie che appartengono però a generi differenti: ‘Un couple épatant’ è una pochade, ‘Cavale’ un polar e ‘ Après la vie’ un melodramma. Nel convincente 'La raison du plus faible' (2006) “il contrasto tra commedia, suspense e tragedia spiazza lo spettatore, spingendolo a confrontarsi con le sue certezze d'ordine morale ed estetico” (Rinaldi, Cineforum). Mentre nel potente thriller '38 témoins' (2012), inaspettatamente, né il killer né la vittima sono protagonisti: è attraverso il silenzio dei 38 testimoni del titolo si assiste alla rappresentazione delle debolezze e della forze umane.
Dopo sei film noir, Belvaux ritorna con ‘Sarà il mio tipo?’ (2014) al registro più lieve dei suoi primi film, per raccontare la storia di un intellettuale parigino che, vivendo una storia d’amore in provincia, è costretto a misurarsi con la propria aridità.
Foto del regista


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