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Lunedì 5 marzo Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
LIBERE DISOBBEDIENTI INNAMORATE
Chez nous

(Israele, Francia, 2016) di Maysaloun Hamoud – dur. 96'
Con Mouna Hawa, Sana Jammelieh, Shaden Kanboura, Mahmud Shalaby, Aiman Daw.

Tre donne arabe in una Tel Aviv che ribolle di cultura underground. Tre giovani ostinate e coraggiose per una riflessione a cuore aperto sull'indipendenza femminile.


Locandina del film immagine tratta dal film
Così la critica:
Liana Messina (D Repubblica)
Laila, Salma, Nour: sono le protagoniste di Libere, Disobbedienti, Innamorate (In Between), film sorprendente su tre giovani arabo-israeliane in un mondo in cui le regole le dettano i maschi. Diversissime tra loro, le tre donne si muovono in una frenetica Tel Aviv, all'incrocio di più culture la prima è un avvocato 30enne che rischia di pagare il suo stile indipendente con la solitudine; la seconda è una dj lesbica apparentemente ribelle e spregiudicata, che però non osa confessare la sua identità sessuale alla famiglia, cristiana e tradizionalissima; l'ultima è una studentessa universitaria, che arriva da un piccolo villaggio ed è rigidamente fedele alla religione islamica. Tra balli scatenati e molti spinelli, le prime due, amiche e coinquiline, animano le notti underground della città. Quando Nour arriva quasi per caso per occupare la terza stanza del loro appartamento, viene guardata con sospetto: cosa possono avere in comune con una che indossa l'hjjab e ha un fidanzato ultraconservatore? Ma alla fine nascerà un sentimento di affetto e solidarietà. Tra droga, sesso, omosessualità, (...) il primo film di Maysaloun Hamoud rompe tutti i tabù della società araba mediorientale: «Non è solo un film, ma un gesto di attivismo», afferma decisa. «Finora noi donne abbiamo lasciato che fossero gli uomini a gestire tutto». Con altrettanta forza, ribadisce di non aver inventato nulla: quello che scorre sullo schermo è un ritratto realistico di una fetta di giovani della sua generazione.

Marzia Gandolfi (MyMovies)
Israeliani ebrei e israeliani arabi, laici e religiosi, cristiani e musulmani, nessuno si senta escluso. Lo spettro del patriarcato, dal simbolico al doloso, si incarna progressivamente nei padri come nei fidanzati, predatori frustrati imprevedibili. Colte tra due mondi, la cultura araba musulmana tradizionale e quella ebraico israeliana, le protagoniste si sono lasciate alle spalle interdizioni familiari, comunità religiose e società conservatrici per ritagliarsi un'esistenza nuova e costruirsi una vita sociale a misura dei loro desideri e delle loro volontà. Bar Bahr, il titolo originale, in arabo tra terra e mare, in ebraico né qui né altrove, traduce il disorientamento (meta)fisico di una generazione, quella dei giovani arabo-israeliani che in Israele sono uno su cinque, emancipata dalla propria cultura per adottarne una occidentale. Una generazione che non sa più se appartiene al mare o alla terra. Una generazione, ancora, alla ricerca di libertà che prova a preservare il cuore della propria identità.

MAYSALOUN HAMOUD
Budapest, Ungheria, 1982

Palestinese, nasce in Ungheria, cresce a Dir-Hana in Israele e studia cinema alla Minshar School di Tel-Aviv. Dopo una sola esperienza registica, il cortometraggio ‘Sense of Morning’ (2010), nel 2016 dirige ‘In Between’, ottenendo consensi da critica e pubblico.
“Quello che si vede nel film è la vita che conduce quella generazione di palestinesi in Israele, e non è molto rappresentata al cinema. Io faccio parte di quella realtà, come la maggior parte del cast del film, e il mio intento era proprio quello di catturare quella realtà”.
“L’ipocrisia è dappertutto, non soltanto nel mondo mussulmano. Il mio film affronta un tema piuttosto universale, non è solo sulle donne arabe. Questi comportamenti attraversano tutto il mondo, l’Europa, il Medio Oriente, gli Stati Uniti, l’America Latina, l’Africa. Il mondo occidentale può pensare di essere migliore ma le statistiche sulle donne non mentono”.
“Nel mio film non ci sono uomini buoni o cattivi, solo esseri umani che si comportano a seconda delle tradizioni da cui provengono; non volevo alimentare gli stereotipi, anzi volevo romperli e mostrare la natura umana con tutte le sfumature dei personaggi. Certi comportamenti nei confronti delle donne non sono una questione di provenienza religiosa. È una questione di tradizione culturale”.
I fondamentalisti non hanno preso bene il film: dal villaggio ultraconservatore di Umm al-Fahm, in Cisgiordania (citato nel film), è arrivata una fatwa sulla giovane filmmaker. In Palestina, fa notare la regista, non accadeva da 70 anni.
Foto del regista


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