STÉPHANE BRIZÉ
Rennes, (Francia), 1966
"I miei personaggi ci somigliano e si comportano come possono nella loro vita. Possono svegliarsi e non amare, possono soffrire con qualcuno e non riuscire a lasciarlo, possono riprodurre all’infinito lo stesso scenario conducendo ogni storia d’amore al fallimento, possono amare una persona pur desiderandone un’altra. Nulla di pessimista in tutto questo, è la realtà. Abbiamo semplicemente l’onestà di accettarla. E ciò che rappresento è a volte duro, a volte crudele ma a volte anche molto divertente" (S.Brizé). Completati gli studi in Elettronica, lavora come tecnico audiovisivo nel mondo della televisione e del cinema sperimentale, ma coltiva anche l’interesse per il teatro e frequentando a Parigi corsi dedicati alla messa in scena e alla recitazione. Con i suoi corti ('Bleu dommage', 'L’oeil qui Traîne') si fa notare dalla critica. Nel 1999 dirige 'Le Bleu des villes', il suo primo lungometraggio. Seguono il dramma sentimentale 'Je ne suis pas là pour etre aimé' (2005), grande successo di pubblico in Francia; 'Entre adultes' (2006), in cui 6 uomini e 6 donne si amano, si mentono, si ingannano, si tradiscono, si concedono fiducia e si lasciano; 'Mademoiselle Chambon '(2009), premiato ai César; 'Quelques heures de printemps' (2012). Il pubblico italiano lo conosce solo a partire da 'La loi du marché' (2015), film antispettacolare costruito intorno all'odissea di un operaio 50enne licenziato, alla ricerca di un nuovo impiego. Nel 2016 sorprende la critica con 'Une vie', storia di una ragazza incapace, nella Normandia di fine Ottocento, di adeguarsi ai compromessi dei tempi: “Un film che riconcilia col piacere della visione e dell'intelligenza” (Mereghetti). ‘In guerra’ è il suo ottavo lungometraggio.
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