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Lunedì 02 Dicembre Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
DON'T WORRY
Don't Worry, He Won't Get Far on Foot
(USA, 2018) di Gus Van Sant – dur. 113’
con Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Jonah Hill, Jack Black, Beth Ditto, Olivia Hamilton.
Tratto da una storia vera, il film vede protagonista John Callahan, un uomo che ama la vita, dotato di uno humour spesso fuori luogo e con un grave problema di alcolismo. Dopo essere rimasto vittima di un tragico incidente stradale causato da una sbornia notturna, l'ultima cosa che John vuole fare è smettere di bere. Eppure, sebbene controvoglia, accetta di entrare in terapia. In questo contesto, Callahan scopre di avere un grande talento nel disegnare vignette satiriche e irriverenti. Ben presto i suoi lavori vengono pubblicati su un quotidiano, procurandogli un vasto numero di ammiratori in tutto il mondo e regalandogli nuove prospettive di vita.
Premi:
Candidato a 4 premi internazionali, tra i quali il Festival di Berlino.
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Così la critica:
Giancarlo Zappoli (MyMovies)
Circa vent'anni fa Robin Williams aveva acquisito i diritti dell'autobiografia di Callahan per realizzarne un film di cui voleva essere protagonista proponendone a Van Sant la regia. Il progetto, nonostante diversi tentativi, non riusciva però a trovare una sua configurazione. Solo in seguito alla scomparsa di Williams il regista ha capito che il problema stava nel non pretendere di realizzare un biopic sulla vita del protagonista ma che era invece necessario concentrarsi sul suo recupero dall'alcolismo (a proposito del quale si può trovare in rete un sarcastico film di animazione a firma dello stesso Callahan). Grazie a un Joaquin Phoenix che sa offrire la giusta misura di irriverenza ma anche di introspezione al personaggio, Van Sant riesce ad affrontare anche il tema della disabilità senza falsi pietismi.
Fabio Ferzetti (Il Messaggero)
Il personaggio si chiamava John Callahan e se avete visto le sue vignette (pubblicate anche da "New Yorker" e "Playboy") non le avrete dimenticate. Tratto tremolante, ferocia e irriverenza totali, Callahan aveva scoperto il proprio talento dopo un incidente che lo aveva lasciato tetraplegico a 21 anni. Dettaglio chiave: l'uomo non era un santo, anzi era uno spostato e un alcolizzato che l'incidente se l'era quasi andato a cercare dopo una notte di bisbocce con un altro sciagurato (ghignante cameo di Jack Black).
Giorgio Viaro (BestMovie)
Il film ha un andamento a spirale che è un piccolo prodigio di montaggio. Al centro di tutto c’è l’incidente automobilistico che cambia vita e prospettive al protagonista (…). Il prima e il dopo sono schegge di un’esistenza frenetica e paradossalmente ricchissima che ha un’unico punto d’appoggio: il percorso con gli alcolisti anonimi (…). “Don’t Worry” dimostra alcune cose. La prima: se Joaquin Phoenix è un grande attore non sottovalutato, Jonah Hill è un grandissimo attore sottovalutato. La seconda: non ci sono molti autori al mondo in grado di fare cinema sentimentale come Gus Van Sant. (…) La terza: è evidentemente possibile scrivere e dirigere un film esemplare di cadute e riscatti senza essere per nulla pedanti e retorici.
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GUS VAN SANT
USA, 1952
"Ognuno porta nelle sue riflessioni sul mondo ciò che è nel suo destino e le proprie esperienze. Sono nato in una famiglia agiata, ho vissuto con i miei da nomade, ho ancora dentro di me la solitudine, la distanza che sentivo tra me e gli altri al liceo. Ho trovato risposte in Andy Warhol, nel vuoto pieno di oggetti di ceri quadri misteriosi di Dalì, in William Burroughs e nei vecchi sogni della beat generation" (Van Sant). Già dal suo primo film (‘Mala noche’, 1986) sono presenti i temi cari all'autore, quali la precarietà, il viaggio, l'esclusione. Il successo ottenuto da ‘Drugstore Cowboy’ (1989), ‘Belli e dannati’ (1991) e ‘Cowgirls’ (1993) lo portano a Hollywood, dove utilizza con molta intelligenza i limiti al suo controllo creativo totale. Ne sono esempio 'Da morire' (1995), ‘Will Hunting, genio ribelle’ (1998) e 'Scoprendo Forrester' (2000). A partire da ‘Elephant’ (2003, Palma d’oro a Cannes) è evidente che il compromesso con le major si è ormai sciolto: escursione nel cuore di un universo giovanile fremente e malato, fa parte – con ‘Last Days’ (2005) e 'Paranoid Park' (2007) – di una trilogia su una generazione autodistruttiva. Spinto dall'involuzione dell'industria cinematografica americana a mettere da parte i suoi progetti più originali e iconoclasti, Van Sant ha imparato negli ultimi anni ad accontentarsi di soggetti più tradizionali, “ma la grandezza di un regista si vede anche da questi film su comando” (Mereghetti). Come 'L'amore che resta' (2011): "Film ballata è stato detto e la definizione è azzeccata. Perché racchiude la malinconia, la grazia, la leggerezza e insieme l'eco che questa pellicola emana. Impossibile trattenere lacrime oneste” (Porro, CdSera). ‘Don’t Worry’ è il suo diciasettesimo lungometraggio.
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