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Lunedì 16 novembre Terre sconosciute
TULPAN- LA RAGAZZA CHE NON C’ERA
(Kazakistan, Germania 2008) di Sergei Dvortsevoy - dur. 100’
con Tolepbergen Baisakalov, Ondas Besikbasov, Samal Esljamova


Il giovane Asa torna a casa nella steppa del Kazakistan dove la sorella e il cognato, pastori, conducono una vita nomade. Prima di rientrare nella vita lavorativa e diventare a sua volta pastore Asa deve sposarsi. La sua unica speranza risiede in Tulpan, figlia anche lei di un pastore. La fanciulla è determinata nel rifiutare la proposta: Asa ha le orecchie troppo grandi e poi lei vuole andare a vivere in città. Il ragazzo, parzialmente consolato dal fatto che anche il principe Carlo d'Inghilterra è ben fornito di padiglioni auricolari, non si arrende.

Premi:
Vincitore di 11 premi internazionali (+3 nominations) tra cui il Premio Un Certain Regard al Festival di Cannes


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Così la critica:
Paolo Mereghetti (Il Corriere della Sera):
Proprio un «certo sguardo», non convenzionale e non prevedibile, è la qualità maggiore di questo film, che inizia come una commedia e poi si apre a più complesse riflessioni. Costruito su una sceneggiatura molto scritta ma talmente rispettosa della realtà delle cose da saper trasformare due attori in credibili pastori e utilizzare le loro esitazioni e le loro difficoltà per dare concretezza e credibilità ai loro personaggi.

Roberto Nepoti (La Repubblica):
Chi pensa al Kazakistan con il demenziale Borat potrà conoscere con Tulpan il volto di quel paese (per noi) misterioso. Sperimentato documentarista, in grado di raccontare nel modo più realistico lo shock di un popolo lacerato tra cultura pastorale e globalizzazione, Dvortsevoy sceglie, però, la forma della parabola. Finito il servizio militare in Marina, Asa torna nelle pianure natali per fare il pastore. La condizione è che si trovi una moglie: ma la ragazza non lo vuole, perché ha le orecchie a sventola. Pare un tema da commedia; invece è un dramma: nel rifiuto si concentra il destino di un popolo nomade costretto a inurbarsi. Un film tanto nobile quanto passatista. Sarà poi vero che la città (invisibile) è l’Inferno, la vita grama della steppa il Paradiso?

Cristina Piccino (Il Manifesto):
Tulpan del lavoro da documentarista, mantiene la necessità di un racconto reale, che vuol dire fisicità del paesaggio, un movimento fluido degli attori che sembrano non professionisti ma “veri” pastori nomadi della steppa Khazaka. Isolamento, fatica, una natura violenta che il regista aveva raccontato nei suoi documentari, sono anche qui elementi fondamentali, quell’orizzonte senza limite, la polvere soffocante che danza contro al cielo, le bestie che si ammalano o fuggono, gli iurta, le tende tradizionali dove si mangia, si canta, si dorme, si fa l’amore, si respira attaccati gli uni agli altri, alla pecora che partorisce l’agnellino...

DVORTSEVOY, Sergej - Chimkent (Kazakistan), 1962
Sergey Dvortsevoy lavora come ingegnere aeronautico prima di intraprendere studi cinematografici a Mosca nei primi anni Novanta. Si fa notare per i suoi documentari premiati in diversi festival internazionali. Nel 2004 realizza “V temnote” (In the Dark), la vita di un 80enne cieco che passa le giornate in compagnia del suo gatto annodando borse di rete che poi regala ai passanti nella via sotto casa. “Tulpan” è il suo esordio nel lungometraggio di finzione.
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