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Lunedì 30 novembre Censurati dal mercato
KATYN
(Polonia 2007) di Andrzej Wajda dur. 117’
con Andrzej Cleyra, Magdalena Cielecka, Maja Ostaszewska, Wiktoria Gasiewsko
Nella primavera del 1940, durante la spartizione della Polonia tra Germania nazista e Unione Sovietica, nella foresta di Katyn vengono trucidati 22.000 polacchi dalla famigerata NKVD sovietica, soprattutto ufficiali dell’esercito di Varsavia, rivelandosi come uno dei più terribili crimini di Stalin. Il regista evoca sia il proprio dramma famigliare (il padre assassinato nel bosco di Katyn) sia quello della Polonia, attraverso gli occhi delle madri, delle mogli e dei figli degli assassinati.
Premi:
Vincitore di 12 premi internazionali (+6 nominations) tra cui la nominations all’Oscar come miglior film straniero, Prix d'Excellence per i costumi agli European Film Awards e il Globo d’Oro come Miglior Film Europeo
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Così la critica:
Tullio Kezich (Il Corriere della Sera):
Nel film la tragedia è rivissuta dal punto di vista delle donne in attesa: la moglie del capitano Andrzej, la cui mater dolorosa è incarnata dalla grande tragica Maja Ostaszewska; la consorte di un generale, una novella Antigone che vuol seppellire il fratello ufficiale dell’aviazione (…). Solenne come un oratorio e insieme schietto come un racconto di vita, “Katyn” è un grido dell’animo espresso in forma classica, qualcuno dirà che è roba vecchia, “cinema di papà”; prevedo che in un’Italia degradata e irresponsabile, capace di radunare davanti a Il Grande Fratello 8 milioni di telespettatori la sera stessa del dramma di Eluana (scelta avallata da un membro della compagine ministeriale come “voglia di distrarsi”) incontrerà poco pubblico. Ma in un Paese che insiste a dirsi civile, questo sarebbe un film da vedere in piedi.
Roberto Chiesi (Cineforum):
“Katyn” ha la forma classica di un romanzo filmico di stampo ottocentesco e conferma il vigore della vena di narratore tradizionale ma asciutto e incisivo, che è proprio dell’ultimo Wajda. Nel film ritroviamo anche la sua predilezione per gli interni protettivi e opprimenti, in questo caso le confortevoli e belle dimore di legno dove i parenti delle vittime trascorrono anni in una attesa straziante e inutile… Cinque storie si intrecciano con impeccabile sapienza drammaturgia, e i protagonisti sono soprattutto i famigliari delle vittime… Soltanto nell’ultima sequenza, sulle note angosciose della musica di Penderecki, viene mostrato il carnaio delle vittime. (…) Nelle azioni sincopate di un rituale di feroce degradazione, in pochi attimi generali, ufficiali e soldati sono trasformati da individui a cose anonime, cadaveri scomposti che vengono rapidamente sommersi dalla terra sollevata da una ruspa.
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WAJDA, Andrzej Suwalki (Polonia), 1926
Regista e sceneggiatore, Wajda è considerato uno dei principali esponenti del cinema polacco. Nel 1946 si è trasferito a Cracovia, dove ha studiato pittura all’Accademia di Belle Arti. Tra il 1950 e il 1954 ha studiato regia alla Scuola di cinema di Lódz. Nel 1954 ha esordito nel lungometraggio con “A Generation”, prima parte di una trilogia sulla vita in Polonia durante la seconda guerra mondiale. Nel 1981 ha ricevuto la Palma d’oro al Festival di Cannes per “L’uomo di ferro”, che ha dato seguito all’indagine sulla manipolazione attuata dalla propaganda del regime polacco iniziata nel 1977 con “L’uomo di marmo”. Nel 2000, Wajda ha ricevuto l'Oscar alla carriera per i suoi numerosi contributi al cinema e nel 2006 l’Orso d'Oro alla carriera (il prestigioso premio del Festival di Berlino) “per i risultati di una vita”.
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