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Lunedì 23 Novembre Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
TIMBUKTU
Timbuktu
(Francia/Mauritania, 2014) di Abderrahmane Sissako - dur. 97' con Damien Ndjie, Djié Sidi, Weli Cleib, Zikra Oualet Moussa, Cheik A.G. Emakni.
Poco lontano da Timbuktu, presa in ostaggio dagli estremisti religiosi, il tuareg Kidane vive pacificamente con la moglie Satima, la figlia Toya e il pastorello Issan. Finché un giorno la sua mucca favorita sfugge al controllo e rompe le reti del pescatore Amadou, che la trafigge con una lancia.
Premi:
Vincitore di 19 premi internazionali (più 10 nomination) tra cui la nomination all'Oscar come Miglior film straniero, il Premio della Giuria Ecumenica al Festival di Cannes e 7 premi César (Sceneggiatura, Musiche, Fotografia, Montaggio, Regia, Film).
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Così la critica:
Roberto Nepoti (La Repubblica)
È nella cinquina dei candidati all’Oscar 2015 per il miglior film straniero questo dramma poetico e struggente con cui Sissako mostra come la jihad porti dolore e lutto in terre che vorrebbero solo vivere in pace. Il regista mauritano rappresenta una comunità di islamici moderati forse un po’ idealizzata e facile da amare. Pur nella tragicità delle situazioni, riesce a coniugare realismo e lirismo, non negandosi neppure un’inaspettata vena di humour che ricorda il cinema del regista palestinese Elia Suleiman. Si apprezza soprattutto l’appassionata difesa delle donne, prime vittime dell’integralismo.
Jay Weissberg (Variety)
Solo nelle mani di un maestro, l'indignazione e la tragedia possono rendere con chiarezza, sottigliezza, mestiere l’adrenalina, e i toni più profondi ricchi di sfumature. Abderrahmane Sissako è proprio un Maestro.
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ABDERRAMAKE SISSAKO – Kiffa (Mauritania), 1961
Sissako, cineasta apolide, è l'unico esponente di una cinematografia, quella mauritana, altrimenti inesistente. La sua cifra stilistica è racchiusa nel racconto in forma di diario filmato per descrivere la lontananza del luogo d'origine e la solitudine dei sentimenti. “Fin dalle sue prime opere, il cinema di questo artista narra di arrivi, partenze e ritorni. Di esistenze sospese tra nostalgia e desiderio, nella ricerca di altrove geografici, affettivi e dell'anima, dove approdare, a cui ritornare per subito ripartire, in un viaggio la cui meta altro non è che lo stesso viaggio. Perché l’erranza per Sissako è condizione esistenziale prima ancora che necessità storica, sociale, culturale” (Bazzoli, Cineforum).
Nel 1999 la rivista Cineforum lo elegge miglior regista africano emergente. Così Chatrian spiega la scelta: “Da un lato perché egli è senza dubbio il più talentuoso regista della sua generazione, dall'altro perché il suo stile e il suo sguardo sembrano il risultato di un’integrazione tra le strutture che regolano il pensiero occidentale e quello africano”.
Nato a Kiffa, cresce in Mali prima di trasferirsi in Unione Sovietica per frequentare la scuola di cinema VGIK di Mosca. Nel 1989 esordisce alla regia con il corto ‘Igna’ (Il fuoco), cui fanno seguito un paio di mediometraggi e il documentario ‘Rostov-Luanda’ (1997), in cui racconta di sé stesso alla ricerca di un vecchio amico cineasta. Il tema del viaggio appare ancora nel suo primo lungometraggio, ‘La vie sur terre’ (1998), un’opera “originale, filmata con eleganza di sguardo e di inquadratura, che ci immerge nella vita locale, denunciando nel contempo la drammaticità dell’Africa alla deriva da secoli” (Delmiglio, SC). Ancora il tema dello sradicamento percorre ‘Heremakono’ (2002, Aspettando la felicità), mentre in ‘Bamako’ (2006) tratteggia la vita di ogni giorno nella capitale del Mali.
Prima di ‘Timbuktu’ ha ancora realizzato nel 2008 l’episodio ‘Tiya's Dream’ del film collettivo ‘8’, in cui a 8 registi è stato dato l’incarico di mostrare al pubblico il proprio punto di vista sugli 8 punti che nel settembre 2001 le Nazioni Unite avevano fissato per dimezzare la povertà mondiale entro il 2015.
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