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Lunedì 14 Marzo - RETROSPETTIVA - Ore 16:15 - 20:15
ROCCO E I SUOI FRATELLI
Rocco e i suoi fratelli
(Italia/Francia, 1960) di Luchino Visconti – dur. 180’
con Alain Delon, Renato Salvatori, Annie Girardot, Paolo Stoppa, Claudia Cardinale, Katina Paxinou.
Una vedova lucana si trasferisce con quattro figli a Milano, dove già vive il quinto, sistemandosi in un seminterrato a Lambrate. Le vicende si alternano in contrasti e con la descrizione del fallimento della vecchia concezione tribale della famiglia.
RETROSPETTIVA: “Grandi film italiani restaurati”
Premi:
Vincitore di un David di Donatello come Miglior produzione, un Globo d'Oro per il Miglior film, 3 Nastri d'Argento (Regia, Sceneggiatura, Fotografia), il Premio Fipresci e il Premio speciale della giuria al Festival di Venezia.
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Così la critica:
Fernaldo Di Giammatteo (Nuovo dizionario universale del cinema)
È stato uno dei più grandi successi di Visconti e il suo film prediletto. A un decennio da “La terra trema” del 1948 egli ha affrontato nuovamente la questione meridionale, descrivendo il dramma dell’emigrazione. Milanese, Visconti ha reinventato la propria città, vedendola come attraverso gli occhi degli immigrati: immensa, ostile, nebbiosa. Il regista ambienta, nei suoi spazi freddi e geometrici, l’esplosione di passioni ideologiche.
Paolo Mereghetti (Dizionario dei film)
Il film mette a confronto una storia di miseria meridionale con la civiltà industriale del Nord, vista nei suoi due aspetti più forti: proletaria per alcuni, marginalità e autodistruzione per altri, fabbrica e coscienza. Visconti racconta la sua città con gli occhi degli emigranti (gelida, ostile, respingente) e ne fa il teatro di passioni irrefrenabili e arcaiche, tornando ancora una volta sul tema portante della sua cinematografia: la deflagrazione dell’istituzione familiare.
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LUCHINO VISCONTI – Milano (Italia), 1906 – Roma (Italia), 1976
Due passioni stilistiche (il realismo e il melodramma), un tema di fondo (il dissolvimento dei legami che tengono unita la famiglia), una filosofia vitalistica che lo spinge su posizioni di sinistra, uno scetticismo che la sottende e, in parte, la contraddice. Tutto ciò entra nella cultura di questo rampollo di una delle più antiche famiglie italiane che coltiva il teatro e a Parigi è assistente di Jean Renoir. Il primo film è vietato dalla censura fascista e il neo regista ripiega su un romanzo americano ricavando da ‘Il postino suona sempre due volte’ una storia di passioni degradanti ambientata nel Polesine. È il 1943 e ‘Ossessione’ è la scoperta di personaggi per il cinema italiano inauditi. Se il successivo ‘La terra trema’ (1948) diventa uno dei pilastri del neorealismo, nel 1954 all’aspirazione realistica e alle riprese dal vero in b/n, si sostituiscono in ‘Senso’ il fasto del melodramma e la suggestione della storia risorgimentale. In questi stessi anni Visconti rinnova radicalmente il teatro italiano, sia sulle scene della prosa che su quelle liriche, approfondendo in seguito la sua ricerca cinematografica in due direzioni: da una parte con questo ritratto realistico di una famiglia meridionale emigrata a Milano, dall’altra con alcune raffinate meditazioni sulla storia (‘Il Gattopardo’, ‘La caduta degli dei’, ‘Morte a Venezia’, ‘Ludwig’). In altri film rimane uno splendore figurativo forte di una sorta di ambiguità psicologica (‘Le notti bianche’, ‘Vaghe stelle dell’Orsa’, ‘Gruppo di famiglia in un interno’, ‘L’innocente’).
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