Così la critica:
Roberto Nepoti (La Repubblica):
C’è un’America ignota agli stessi americani, raramente raccontata dal cinema, i cui aspri e desolati paesaggi e i volti miserevoli dei suoi abitanti abbiamo conosciuto attraverso le fotografie di Walker Evans ai tempi della Depressione, ed è quella che adesso, grigia, ruvida, minacciosa e crudele, domina Un gelido inverno, il memorabile film di Debra Granik, girato in digitale e costato niente, 2 milioni di dollari, candidato a quattro Oscar e che ha già vinto il Sundance Festival. Ispirato al romanzo di Daniel Woodrell, girato tra i monti Ozark nel Missouri, racconta di una comunità, anzi di un clan familiare, i Dolly, che perpetuano tra loro una vita tribale dominata dal nonno, boss spietato delle loro vite truci e criminali, unite da un legame di sangue omertoso e cieco, che può assicurare protezione ma anche morte.
Alessandra Levantesi Kezich (La Stampa):
Teso, asciutto, livido, implacabile come la volontà di farcela dell’eroina impersonata dalla straordinaria Jennifer Lawrence, il film, già vincitore al Sundance e al Torino Film Festival. […] Debra Granik è entrata di diritto nel novero dei registi che contano.
Maurizio Porro (Il Corriere della sera):
Film coraggioso, scomodo, senza uscite di sicurezza [...] Debra Granik inquadra una comunità tribale di ruvidi mostri senza sconti, con l’aggravante invernale. La natura è uno specchio, neorealismo country all’americana. Pathos e pietas di serie A.
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