Così la critica:
Maria Silvia Sanna (Cinema4stelle):
L’illusionista è una lenta macchina del tempo, costruita di frammenti di memoria: l'animazione riprende le tecniche degli anni Cinquanta con disegni un po’ abbozzati e colori tenui, una rock band ci ricorda i cinque di Liverpool, Parigi ed Edimburgo acquisiscono una atmosfera decisamente retrò con automobili d’epoca e ritmi rallentati e infine vi è un ritorno a un cinema quasi muto con quattro parole in francese e due in gaelico. Il protagonista di questa fantasmagoria cinematografica è realizzato sullo stampo di Jacques Tati: stessa fisicità alta e vagamente goffa, stesso impermeabile e stesse grandi mani nodose. […] Un film fuori tempo, che fa danzare le immagini con una grazia e un ritmo solo suoi, come quando la chiusa del film sembra dare un mesto addio alle cose e alle persone.
Davide Monastra (Ecodelcinema):
Arriva dal 1959 “L’illusionista”, […] commiato del grande Jacques Tati. Sì, perché la sceneggiatura di questo film è stata scritta dall’istrionico mimo francese in persona e poi solo oggi, a distanza di quasi 50 anni, riadattata per il mondo del cartone animato da Sylvain Chomet, bravissimo regista francese, già apprezzato dal pubblico per “Appuntamento a Belleville”. […] Sfruttando pochissimo il computer ed avulso dal mondo degli occhiali in 3D, il regista francese punta tutto su una storia semplice ed efficace, che arriva direttamente al cuore dello spettatore, attraverso immagini che si fanno poesia e deliziano lo sguardo. […] Un’idea di cinema molto diversa da quello a cui siamo abituati, fatta di silenzi, davvero “racconto per immagini”, azioni universalmente valide quasi come nel mondo del muto.
|