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Lunedì 5 dicembre Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
127 ORE (127 Hours)
(USA, Gran Bretagna 2010) di Danny Boyle dur. 93’ con James Franco, Kate Mara, Amber Tamblyn
L’alpinista Aron Ralston deve cercare di salvarsi dopo che la caduta di un gigantesco masso gli ha intrappolato il braccio e lo tiene bloccato in un canyon dello Utah. Nel corso dei successivi cinque giorni l’uomo ha il tempo di ripensare ai propri amici, alla famiglia, al passato e al futuro.
Premi:
Vincitore di 12 premi internazionali, più 80 nomination tra le quali 6 nomination all’Oscar (Film, Montaggio, Colonna sonora, Attore protagonista e Sceneggiatura).
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Così la critica:
Andrea Fornasiero (FilmTv):
Ispirato a una storia vera, “127 ore” racconta la più semplice delle odissee come una specie di thriller psicologico beckettiano. Abbandonati gradualmente la civiltà e i suoi oggetti, Aron diventa paradigma dell’uomo a una sola dimensione. […] Che la vicenda sia per Danny Boyle metaforica è evidente. […] Se si sta al gioco, si è presto catturati dagli archetipi di un’avventura ridotta all’osso, che costringe a prendere coscienza dei limiti sullo sfondo fisico di un contesto affascinante. James Franco, eccezionale, ridefinisce il valore del primissimo piano.
Andrea Fontana (Segnocinema):
Solo Danny Boyle poteva imbarcarsi in un progetto simile, proponendo un film in cui la narrazione è azzerata e tempo e luogo sono essenzialmente immutati per la maggior parte del film. Per Boyle la vicenda fa da spunto per una discesa nei meandri dell’animo […]. Dal passato dell’infanzia al futuro che lo aspetta, Aron guarda dentro il lato oscuro del suo animo e ne esce vincitore. Boyle esaspera la componente visiva attraverso un virtuosismo che comprende regia, suono fotografia e montaggio, contribuendo a un coinvolgimento totale e a una esperienza che, con il passare dei minuti, abbandona la fiction d’intrattenimento a favore di un intimismo che, a tratti, è pura poesia onirica.
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DANNY BOYLE - Manchester (Gran Bretagna), 1956
Già autore teatrale e televisivo, Boyle fa il suo esordio registico nel 1994 con “Piccoli omicidi tra amici”, “irresistibile film, che mette in scena una beffarda commedia macabra dove il sarcasmo deforma tutto, perfino la morale di fondo” (Bertarelli). Il successo internazionale arriva con l’opera seconda “Trainspotting" (1996), la storia di un gruppo di giovani drogati scozzesi, tra gag sferzanti e sequenze disgustose. Negli Stati Uniti realizza il sentimentale “Una vita esagerata” (1997) e “The Beach”(2000) che si rivela “una cocente delusione” (Crespi). Il ritorno in Gran Bretagna riporta Boyle all’antica ispirazione: l’horror “28 giorni dopo” (2002) “è un'atroce, visionaria, lucida e spietata parabola sui processi di disumanizzazione nelle metropoli contemporanee” (Bittanti); “Millions” (2004) è una curiosa e ispirata variazione sul proletariato inglese; nel fantascientifico “Sunshine” (2006) Boyle trasporta un equipaggio di scienziati verso il sole prossimo a spegnersi e per il pluripremiato “Millionaire” (2008) “inventa uno stile meticcio, mescolando “Trainspotting” alle grandi speranze di Dickens” (Carabba).
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