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Lunedì 30 gennaio Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
DETECTIVE DEE E IL MISTERO DELLA FIAMMA FANTASMA
(Di Renji)

(Cina, Hong Kong 2010) di Tsui Hark – dur. 122’
con Andy Lau, Carina Lau, Bingbing Li, Tony Leung Ka Fai, Chao Deng
Cina, 690 d.C. La reggente Wu si appresta ad essere incoronata imperatrice (prima donna nella storia cinese), ma i molti nemici e cospiratori giocano le loro ultime carte per impedirlo. Nel frattempo la costruzione di un gigantesco Buddha in onore della reggente viene rallentata da alcune morti misteriose per autocombustione; sul caso viene chiamato a indagare il detective ribelle Dee, già esiliato dalla stessa reggente. (MYmovies)

Premi:
In concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, vincitore di 6 premi internazionali più 11 nomination.


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Così la critica:
Emanuele Sacchi (MYmovies):
C'era un tempo in cui al nome di Tsui Hark era stata giustapposta l’etichetta di “Steven Spielberg di Hong Kong” […] per come sa unire ingredienti semplici ma paradossalmente divenuti irraggiungibili per i più: divertimento, azione, qualche risata, suspense e ancora divertimento. […] Oltre a Andy Lau […] e a un cast di alto profilo, la notizia è che Tsui Hark è tornato e sembra puntare decisamente a quel trono che fu suo e che a Hong Kong da troppo tempo resta vacante.

Giona A. Nazzaro (FilmTv):
Detective Dee
segna il ritorno del maestro Tsui Hark ai livelli di eccellenza pura dei suoi capolavori più celebrati. […] Dietro la congiura ordita ai danni della prima imperatrice donna della Cina, si cela innanzitutto una complessa riflessione politica sulla storia recente della Cina. L’indagine condotta da Dee (un Andy Lau in grado di trasudare impassibilità hard boiled degna di un Humphrey Bogart) si muove a cavallo fra ragione e magia, in un equilibrio dove i due elementi non si annullano a vicenda ma si compenetrano. Tsui Hark si conferma maestro supremo dello spazio e del montaggio. Con grazia partecipe e un preciso tocco erotico, il regista intreccia l’oscillare dell’identità sessuale con gli artifici e gli inganni del potere. […] Mai sterilmente virtuosistico, il film è un inno alla fantasmagoria visionaria del cinema. Un invito alla “maraviglia” e allo stupore. Con una saggezza che solo i più grandi tra i grandi posseggono, Tsui Hark riesce a far “parlare” un combattimento o a caricare di innumerevoli ambiguità un semplice gesto.

TSUI HARK - Saigon (Vietnam), 1950
Esponente di punta della nouvelle vague hongkongese, Tsui Hark nasce in Vietnam e si trasferisce a Hong Kong nel 1966 per completare gli studi. Tre anni più tardi entra nella Southern Methodist University in Texas, per abbandonare gli studi quando ha l'occasione di dirigere un documentario. In realtà ha cominciato a dirigere film sperimentali in 8mm a 13 anni. Tsui torna ad Hong Kong nel 1977, cominciando a lavorare come produttore e regista televisivo. Nel 1979 firma il suo primo lungometraggio: “The Butterfly Murders”, film drammatico in costume accolto come innovativo per quei tempi per stile e tecnica. È il primo di una lunga serie di cui vale la pena ricordare almeno “Angeli sepolti” (1981, in cui contamina con una dose di humour demenziale le arti marziali con l’horror, creando un ibrido bizzarro e affascinante), “Peking Opera Blues” (1981, in cui mescola violenza, melodramma e farsa acrobatica per raccontare le paradossali imprese di tre eroine rivoluzionarie nella Cina del 1913), “Once Upon a Time in China” (1991, con cui fa rinascere il gongfupian classico, ma all’ennesima potenza), gli hollywoodiani “Double Team” (1997) e “Hong Kong colpo su colpo” (1998), entrambi con Jean-Claude Van Damme, “Time and Tide” (2000), “Zu Warriors” (2001), “Seven Swords” (2005) e “Missing” (2008, un horror ambientato nelle profondità oceaniche che prende le mosse dalla scoperta di un'inquietante città sommersa). “All About Women” (2008) rappresenta l'evoluzione di un regista che - dalle prime commedie di rottura delle convenzioni di genere negli anni Ottanta, passando attraverso una reinvenzione di thriller e film di fantasmi di fine anni Ottanta e inizio Novanta - arriva fino al confronto demenziale e maniacale con la cultura pop cinese dell’inizio del XXI secolo.
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