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Lunedì 12 dicembre Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
IL RAGAZZO CON LA BICICLETTA (Le gamin au vélo)
(Belgio, Francia, Italia 2011) di Jean Pierre e Luc Dardenne – dur. 87'
con Cécile De France, Thomas Doret, Jérémie Rénier, Olivier Gourmet
Cyril ha solo 12 anni e un’idea fissa: ritrovare suo padre che lo ha lasciato provvisoriamente in un istituto per l'infanzia. Sulla sua strada trova per caso Samantha, che ha un negozio di parrucchiera e che accetta che lui resti da lei durante i fine settimana.

Premi:
Vincitore di 2 premi internazionali tra i quali il Gran Premio della Giuria per il Miglior Film al Festival di Cannes.


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Così la critica:
Roberto Chiesi (Cineforum):

Come già “La promesse” (id, 1996) e “Rosetta” (id, 1999) anche il nuovo film dei Dardenne è un racconto di iniziazione, ispirato agli autori da una storia vera, raccontata da una loro amica nel 2003, quando presentarono “Le fils” (Il figlio, 2002) in Giappone: un ragazzo così attaccato al padre, che l’aveva abbandonato in un orfanotrofio, da vivere per anni nell’illusione di un suo ritorno fino al punto di voler rimanere sul tetto dell’istituto per scrutarne ansiosamente il possibile arrivo.

Pierpaolo Festa (Film.it):
L'amore di un’altra persona ci proteggerà dalla morsa cattiva del mondo. Questo è il sunto del film, un concetto rielaborato alla maniera dei fratelli Dardenne già trionfatori a Cannes di due palme d’oro per “Rosetta” e “L'enfant. “Questo film può essere paragonato ad una favola - afferma Jean Pierre Dardenne - ad un certo punto uno dei titoli di lavorazione era proprio “Una favola moderna”; ci sono tutti gli scenari: il ragazzino che è una figura tra Pinocchio e Cappuccetto rosso, il Lupo cattivo nella foresta e poi c’è la Fata buona che con il suo amore tenta di salvare il protagonista.”

Tina Porcelli (Cineforum):
Eccolo qui il cinema dei Dardenne: raccontare la prossimità di due estranei che si trovano a condividere un momento delle loro vite. Il protagonista del film cercando suo padre si imbatte in una parrucchiera che manifesta un sincero interesse per lui. Niente a che vedere con gli agguerriti personaggi di Ken Loach, sopraffatti da ingiustizie di classe e dall’indifferenza della collettività, il cinema dei registi belgi racconta figure un po’ perse, smarrite, solitarie: traiettorie sempre più tagliate fuori dalla società del grande consumo.

JEAN-PIERRE E LUC DARDENNE - Engins (Belgio), 1951 e 1954
“Mostrare la realtà senza mai giudicarla. Piuttosto mettendola in scena con un rigore assoluto, bressoniano, con uno sguardo entomologico su ciò che ci circonda. I Dardenne si impongono per un cinema che affronta la crisi sociale, le sue urgenze e i suoi drammi lasciandosi alle spalle tutte le sovrastrutture di tipo post-marxista che influenza o sono alla radice del cosiddetto cinema di impegno. Al pari di due entomologi registrano i fatti del reale senza orpelli, senza aggiungere nulla, incollati ai loro sfortunati protagonisti. Ai Dardenne è sufficiente la forza di ciò che si mette in scena per creare denuncia, anche la più scomoda, la più dura e intransigente” (Termenini). Luc si laurea in filosofia, Jean-Pierre studia recitazione. Entrambi impiegati per enti statali (Luc è professore alla Free University di Bruxelles, Jean-Pierre lavora al dipartimento audiovisivo della Università di Liegi), insieme fondano nel 1975 una casa di produzione e dopo più di 50 documentari televisivi, nel 1996 esordiscono nel lungometraggio con “La promesse”. Negli anni successivi dirigono “Rosetta” (1999, Palma d’oro a Cannes), “Il figlio” (2002, premiato a Cannes per l’interpretazione), “L’enfant” (2004, seconda Palma d’oro a Cannes), “Il matrimonio di Lorna” (2008).
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