Così la critica:
Roberto Silvestri (Il Manifesto):
È un road movie svitato e poetico, ambientato nella zona nord della nordica Norvegia, con attori non professionisti, tranne il protagonista, e una vaga ispirazione autobiografica, il regista ha pensato il personaggio principale in un periodo di depressione. (... ) Jomar come sprofondato in un suo viaggio interiore di rinascita, inanella sei o sette incontri che, uno in un modo, l'altro in un altro, volontariamente o involontariamente, saranno utili alla sua ricostruzione psichica (…). Attraverso la fiaba, ricca di metafore, questa piccola nazione indipendente da un secolo festeggia la scoperta di una sua identità “a parte”, fatta di dolcezza, durezza, ferocia, stranezza, tenerezza e ansia vichinga di viaggio oltre “i confini”.
Lietta Tornabuoni (La Stampa):
Un viaggio di mille chilometri (in motoslitta, sugli sci, a piedi) nel paesaggio nevoso magnifico della Norvegia. (...) La profonda solitudine circostante e la durezza del clima, che in certo modo somigliano al desolato paesaggio interiore che la malattia disegna nel protagonista, rendono unico e bello il film interpretato da un bravissimo attore, capace di comunicare senza una parola il disprezzo che prova per se stesso, la graduale e quasi impercettibile guarigione durante il viaggio, un mix di brutalità e dolcezza. I luoghi che il protagonista viaggiatore attraversa, a 500 chilometri dal Circolo Polare Artico, filmati in febbraio e marzo, i mesi più rigidi dell'inverno norvegese, sono di una bellezza meravigliosa.
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