|
|
Lunedì 16 maggio Ore 16:15 20:15 22:30
I GATTI PERSIANI
(Iran 2009) di Bahman Ghobadi - dur. 101'
con Negar Shaghaghi, Ashkan Koohzad, Hamed Behdad, Ashkan Koshanejad.
Negar e Ashkan, un ragazzo e una ragazza che hanno già avuto dei guai con la giustizia iraniana decidono, una volta usciti di prigione, di formare una band rock. Il problema più grande è quello di non farsi scoprire dalla polizia, il secondo è quello di riuscire a organizzare la fuga verso l'Europa e la libertà, con l'aiuto di Nader, traffichino e tuttofare che li porterà per le vie, gli scantinati e le zone più remote della città.
Premi:
Vincitore di 4 premi internazionali, tra cui il Premio speciale della giuria nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2009.
|
|
Così la critica:
Boris Sollazzo (Liberazione):
Uno splendido e durissimo confronto con la dura realtà questa docu-fiction, fotografia di un paese che ha in sè una cultura straordinaria - e una creatività e un senso estetico unici - ma che da decenni combatte contro la follia fanatica del Potere politico-religioso. Se “Persepolis”, con un bellissimo biopic animato, ci mostrava attraverso una ribelle la storia recente di un grande paese governato da piccoli uomini, qui scopriamo quei giovani che la loro lotta quotidiana la vivono picchiando sulle batterie, suonando la chitarra, cantando indie rock e rap duri e puri
Enrica Re (FilmTv):
Protagonisti della scena sono due ragazzi che, sebbene abbiano già inalato gli odori acri della prigione, non hanno nessuna intenzione di lasciarsi intimorire dalla “Legge” e dai suoi guardiani (onnipresenti, senza tuttavia essere mai mostrati in volto, quasi non avessero dignità sufficiente). D'altra parte questo è il prezzo da pagare per fare musica che nel Paese degli Ayatollah è considerata impura e quindi illegale. Come i gatti persiani del titolo, costretti a vivere nascosti all'ombra delle mura domestiche.
Mariuccia Ciotta (Il Manifesto):
Il film è paradossalmente “lieve”, un tour tra gruppi rock a caccia dei componenti di una banda disposti a suonare in un concerto a Teheran e poi a fuggire all'estero. L'odissea dei due ragazzi è cadenzata da video-clip su Teheran, scatti amorevoli sulla città, i poveri, i clochard, le donne velate.
|
BAHMAN GHOBADI - Banéh (Kurdistan iraniano), 1968
È il primo regista di etnia curda nella storia del cinema iraniano. Nato in un piccolo paese del Kurdistan iraniano, a 12 anni a causa della guerra civile è costretto con la famiglia a lasciare la regione e trasferirsi a Sanandaj. Diplomato, frequenta un corso di studi a Teheran presso la locale Facoltà di Cinema, studi che abbandonerà prima della fine. Comincia a lavorare alla radio e in televisione; si associa quindi a un gruppo di giovani cineasti e tra il 1995 e il 1999 dirige una dozzina di corti (che ottengono numerosi premi) e diversi documentari. Nel frattempo comincia una parallela carriera nella fotografia industriale, è aiuto regista di Abbas Kiarostami e l'interprete principale di “Lavagne” di Samira Makhmalbaf. Nel 1999 dirige “Il tempo dei cavalli ubriachi”, Premio della critica internazionale e Caméra d'or al Festival di Cannes. Nel 2004 vince la Concha de Oro a San Sebastian con “Le tartarughe possono volare”, “un film forte, dallo stile lineare e testimone di quanta capacità espressiva sia depositario il cinema iraniano" (Rossi, Cineforum). Prima di “I gatti persiani” ha anche diretto “Half Moon” (2006), un road movie attraverso l’Iran su una famiglia di cantanti curdi.
|
|
|
|
|
|