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Lunedì 25 maggio Ore 16:15 - 20:15
LA VITA DI ADELE
(Francia, 2013) di Abdellatif Kechiche dur. 179'
Con Adèle Exarchopoulos, Léa Seydoux, Jeremie Laheurte, Catherine Salée, Aurélien Recoing
Il film racconta l’iniziazione sentimentale di Adele, una liceale di Lille che scopre la sua femminilità fra le braccia di una ragazza dai capelli tinti di blu.
Premi:
Vincitore di 79 premi internazionali (più 65 nomination) tra cui Palma d'Oro e Premio FIPRESCI al Festival di Cannes, il Premio César per la Migliore attrice emergente (Adèle Exarchopoulos) e la nomination come Miglior Film straniero ai Golden Globes.
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Così la critica:
Alessandra Levantesi Kezich (La Stampa)
Conferendole la sua morbida fisicità, la neofita Adele Exarchopoulos incarna con straordinario coinvolgimento il personaggio assumendone sulla pelle il temperamento passionale e l’ossessività amorosa; mentre la ragazza dai capelli blu, Emma, è impersonata con seduttiva civetteria in chiave di tomboy da Lea Seydoux (…). Sullo schermo la rottura è legata a una differenza di classe e cultura (…). È un sottotesto alluso con finezza, e tuttavia il bello del film resta quello della sua impressionistica, naturalistica pregnanza formale.
Alberto Crespi(L'Unità)
Film da vedere (…), “La vita di Adele” ha la forza e la discontinuità della vita vera.
Giulio Sangiorgio (FilmTv)
“Il blu è un colore caldo”. Si intitola così il graphic novel di Julie Maroh da cui Abdellatif Kechiche ha liberamente tratto “La vita di Adele”. (…) “La vita di Adele” è, soprattutto, un film di attrici, di corpi che amano, godono, soffrono, un film di lacrime e sudore, bava muco e saliva, di lingue tese e tremanti, di bocche affamate, assetate d’acqua, vogliose d’umore. Un film che fa musica affastellando particolari e dettagli, cercando le emozioni tracciate dai piccoli gesti. Un film che accumula primi piani nella lunga durata, nel CinemaScope, concedendo il tempo e lo spazio perché un volto, uno sguardo e un sospiro si facciano paesaggio interiore. È cinema che sta tra il teatro e la televisione, che legge Marivaux, guarda Cassavetes: da un testo chiuso, politico, funereo, un film aperto ad abbracciare la vita, un commovente melodramma naturalista, qualcosa che diremmo “ritratto” se solo non fosse in movimento continuo. Un capolavoro, firmato dal più grande affabulatore realista del cinema d’oggi.
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ABDELLATIF KECHICHE - Tunisi (Tunisia), 1960
Nato a Tunisi nel 1960, si trasferisce a Nizza nel 1966. Esordisce come attore di teatro nel 1978 in “Sans Titre”, tratto da Garcia Lorca. Nel 1984 con “Le thé à la menthe” di Abdelkrim Bahloul comincia a lavorare nel cinema; è stato diretto, tra gli altri, da André Téchiné (“Les Innocents”, 1987), Abdelkrim Bahloul (“Un vampiro in paradiso”, 1991) e Nouri Bouzid (“Bezness”, 1992, con cui ottiene diversi riconoscimenti). “Tutta colpa di Voltaire” (2000) segna il suo debutto come regista e sceneggiatore, facendosi subito notare a Venezia (dove vince il Premio per l’opera prima) per come prende le distanze da un «certo cinema ruspante, ruvido per partito preso, che caratterizza gli esordi di giovanotti intraprendenti e indipendenti provocanti, che si fanno un merito nel filmare disinvolto e trasandato» (Comuzio, Cineforum). Il successivo “La schivata” (2004) si regge sulla bella idea di un passione per l'arte che nasce in un ragazzo maghrebino ribelle, duro e scontroso, durante le prove di una recita scolastica. Con “Cous-Cous” (2007) Kechiche avrebbe meritato per molti critici il Leone d'oro a Venezia. Triste e serena saga familiare, la storia narra i quotidiani affanni di un logoro operaio maghrebino restato senza lavoro, con un paio di famiglie che gli ruotano intorno. Per Carabba (CdSera) il film «conferma l'asciutto talento» di questo giovane regista. «Fedele allo stile puzzle estremo che non fa sconti, Kechiche offre solo metà speranza, ma con una vitalità etica e una voglia sincera di comunicare che entrano nel cuore» (Porro, CdSera). La vicenda alla base di «Venere nera» (2010) è quella, vera, di una giovane ottentotta dal corpo smisurato in ogni sua parte che, all'inizio dell'Ottocento, viaggia da Parigi a Londra,
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