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Lunedì 18 maggio Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
FELICE CHI E' DIVERSO
(Italia, 2014) di Gianni Amelio dur. 93' - Documentario
Viaggio in un'Italia segreta, raramente svelata dalle cineprese: l'Italia del mondo omosessuale così come è stato vissuto nel Novecento, dall'epoca fascista agli anni '80. Un viaggio fatto di storie raccolte dal Nord al Sud del Paese, di chi ha vissuto sulla propria pelle il peso di essere un "diverso".
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Così la critica:
Maurizio Porro (Il Corriere della sera)
Gianni Amelio dice che sarebbe stato meglio non aver mai avuto bisogno di girare un documentario sull'omosessualità se non fosse stata per molti un problema. Il film, composito, rispettoso, curioso delle vite degli altri, invece si rivela utilissimo a un paese che rimanda sempre le conquiste civili e la legge contro l’omofobia. Mostra interviste a uomini non più giovani che ci raccontano da diversi il “c’era una volta”, il rimpianto e il piacere di non essere omologati, il dolore di sentirsi sempre a parte; dolci vite, amare vite, “cruising”, e alcune persone famose.
Alberto Crespi(L'Unità)
Il titolo viene da una poesia di Sandro Penna: è un elogio alla diversità purché consapevole. Tutti siamo diversi da tutti gli altri: essere uguali, o comuni, porta all'omologazione (parola che spaventava un altro poeta, Pier Paolo Pasolini). Gianni Amelio ha realizzato il suo film più libero e forse più sentito. Da vedere.
Ilaria Feole (FilmTv)
In “Felice chi è diverso” si parla anche di felicità, e la sua forza è proprio nello scansare ostinatamente un ritratto vittimista e forzatamente “di denuncia” rispetto allo stato delle cose in Italia dagli anni 40 a oggi: sono storie personali, prima di tutto, a emergere dallo sfondo, vicende individuali, ognuna dall’altra diversa, appunto. Che si tratti della pagina dedicata a Pier Paolo Pasolini, con Ninetto Davoli davanti all’obiettivo, o del racconto della quotidianità di una coppia che ha condiviso una vita intera, o ancora del lancinante resoconto dell’esistenza segnata da desiderio e perdita di una transessuale, ogni singola vicenda attraversa lo schermo per riconquistare una dignità ora negata, ora semplicemente ignorata. Raccontarle è necessario, ascoltarle lo è altrettanto: l’urgenza che Amelio riconosce nell’opera, quella che vorrebbe non dovesse (più) esistere, è la sua dolorosa ragione d’essere.
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GIANNI AMELIO - San Pietro Magisano (CZ), 1945
«Ha iniziato il suo percorso d'autore nel momento in cui il cinema italiano cominciava a guardare altrove, passando da una qualche forma di legittimazione del presente allo sgomento e alla condanna della condizione umana. Mai avulso dall'autobiografia (perché in fondo ogni regista racconta sempre la stessa storia, cioè la propria) questa sua attitudine non si trasforma mai in autoreferenzialità. Uno sguardo morale, serio e profondo volto al disastro delle identità di personaggi concreti che parlano la lingua della gente comune, muovendosi in un milieu sociale ben riconoscibile» (MyMovies). Nel 1983 esordisce sul grande schermo con “Colpire al cuore” sulla tematica del terrorismo. Con “Porte aperte” (1991) si aggiudica una meritata nomination all'Oscar. Segue il successo commerciale “Il ladro di bambini” (1992), insignito a Cannes col Premio Speciale della Giuria. Nel 1994 dirige “Lamerica” sul miraggio italiano del popolo albanese, kolossal minimalista che non concede sostegni al sentimentalismo e al politicamente corretto. Nel 1998 è il vincitore del Leone d'oro alla Mostra di Venezia per “Così ridevano”, ritratto della difficile realtà dell'emigrazione, nella Torino Anni '50, analizzata attraverso il rapporto di due fratelli. Negli ultimi anni realizza “Il primo uomo” (2012), dall'omonimo romanzo di Albert Camus, e “L'intrepido” (2013).
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