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Lunedì 10 Novembre Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
LA PRIMA NEVE
(Italia 2013) di Andre Segre - dur. 105’
Con Jean-Christophe Folly, Matteo Marchel, Anita Caprioli, Peter Mitterrutzner
Siamo in Trentino, a Pergine nel cuore della Valle dei Mocheni. Dani, un clandestino fuggito dal Togo in Libia e poi ancora dalla Libia verso il Nord, si trova da mesi e mesi bloccato in queste montagne impervie in attesa di ottenere l’asilo politico che gli permetta di raggiungere Parigi. Fa la conoscenza con Pietro, un burbero apicoltore, e con suo nipote Michele, un adolescente taciturno che soffre ancora per la perdita del padre, con cui si reca a raccogliere la legna nei boschi della valle.

Premi:
Vincitore di 4 premi internazionali (più 3 nomination).

Così la critica:
Roberto Escobar (l’Espresso)
Non sono i soli protagonisti di “La prima neve” Michele e Dani. Insieme con loro, e in qualche modo prima di loro, c’è lo spazio libero ed insieme avvolgente delle montagne e dei boschi. Lì, cercando legna per Pietro, i due finiscono per comprendere che i loro dolori si somigliano, che si somigliano i loro vuoti e le loro mancanze. Non conta che il ragazzino stia in una terra che può considerare sua, e che al clandestino ne sia negata una. Non contano le loro storie distinte né le loro culture lontane. Conta invece lo sguardo che hanno imparato a darsi in piene reciprocità. È quello sguardo l’odore “uguale” che li accomuna, e che permette loro di misurarsi l’uno rispetto all’altro. Non sono diversi, Michele e Dani, ma uguali nella differenza che ognuno ora sa riconoscere nell’altro.

Roberto Manassero (Film TV)
Segre ha la capacità e il coraggio di raccontare storie, di filmare spazi geografici da trasformare in luoghi ideali; il suo cinema drammatico è lacrimevole, quasi pedante, eppure è sensibile, toccante, guarda al melò ma senza concitazione, con i personaggi principali e di contorno (la madre di Michele, fragile e premurosa, lo zio rassegnato, il nonno apicoltore stanco e comprensivo) che si ritagliano il loro spazio per crescere come figure autentiche. La prima neve si affida al tempo, al mutare della luce del giorno e delle stagioni: e in un paesaggio immenso, che osserva placido e gentile il dramma degli uomini, fa in modo che la tragedia si stemperi, che la vita prevalga sulla morte, e che la neve possa cadere copiosa non per seppellire il passato, ma per purificarlo.

ANDREA SEGRE - Dolo (VE), 1976
«Grazie alla magnifica avventura con il gruppo toniCorti di Padova, ho iniziato la mia esperienza come autore di documentari nel 1997 con l’esperienza de “Lo Sterminio dei Popoli Zingari”, documentario storico sull’olocausto dei Rom durante nazismo e fascismo. In seguito ho continuato con alcune importanti esperienze televisive, realizzando per RAI3 i documentari “Berlino 1989-1999: il muro nella testa” e “Pescatori a Chioggia”, puntata della trasmissione “Diario Italiano”. A partire dal 2001, da una parte mi sono avvicinato al documentario d’autore e al movimento dei documentaristi italiani sviluppatosi negli ultimi anni (dal gruppo di Doc.it all’esperienza dell’Apollo11, passando per esperienze e realtà nazionali ed europee), dall’altra ho sviluppato un percorso specifico di applicazione del video-documentario in contesti di cooperazione internazionale» (A. Segre). Apprezzato regista e documentarista italiano attento ai problemi dell'immigrazione e del territorio, Andrea Segre ha sempre lavorato a opere sulla marginalità di etnie, popoli e culture, dall'Albania all'Africa. Interessato anche ai temi delle angosce dei giovani sul futuro in tempi di crisi, ai problemi dell'Italia contemporanea e delle sue periferie), Segre ha sviluppato un percorso registico particolarmente attento al territorio sociale e geografico del Veneto. Il territorio del Veneto e i suoi abitanti sono protagonisti indiscussi del suo primo film di finzione, “Io sono Li”, presentato alle "Giornate degli Autori" del Festival di Venezia, dove ha ricevuto diversi premi collaterali. Segre dirige un dramma delicato e poetico, incentrato sulle difficoltà e le inquietudini di un'immigrata cinese che lavora in un'osteria di Chioggia: Porro (CdSera) lo definisce «il più sensibile, originale, commovente film italiano di Venezia. Radicato poeticamente nel territorio, mixa la carica interiore con l'ironia descrittiva di una fetta di mondo nebbioso».

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