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Lunedì 23 Marzo Grandi registi internazionali
SOFFIO
(Corea del Sud, 2007) di Kim Ki Duk - dur. 80’
con Chang Chen, Park Ji-a, Ha Jung-Woo, Kim Ki Duk

Lo spunto del film viene dalle pagine della cronaca. Yeon è una donna tradita dal marito, in disuso come un abito liso e scolorito, reagisce con mutismo e risentita ostilità. Apprende che un condannato a morte per aver sterminato la sua famiglia ha tentato il suicidio in carcere. Lo va a trovare e nello squallido parlatorio inscena surreali siparietti addobbando la stanza con tappezzerie ispirate ogni volta ad una stagione diversa, vestita con abiti in tema e cantando canzoni popolari. Nasce la passione tra loro e la gelosia del marito...

Premi:
In concorso al Festival di Cannes 2007
Premio speciale della giuria Orient Express al Fantasporto 2008


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Così la critica:
Natalino Bruzzone (Il Secolo XIX):
Melodrammatico, gonfio di passione, gelosia, speranza, perdono e disperazione; quasi un catalogo in bella calligrafia degli stilemi di Kim Ki Duk.

Johnny Costantino (Cineforum):
Soffio costituisce un importante momento di sintesi nella filmografia di Kim Ki Duk. Sintesi incisiva e concisa che, se da un lato non ci fa dimenticare il rattrapimento espressivo occupato dallo stile del cineasta sudcoreano, dall'altro ci consente di ritrovare i suoi temi e stilemi prediletti in una formulazione adamantina. Tra i lavori degli ultimi anni, quest'ultima fatica appare la più risolta nella sua sistematicità e precisa nell'ambiguità.

Andrea Bellavita (Segnocinema):
Ancora quattro momenti stagionali (il riferimento è ancora a Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera) ancora l'ossessione del vedere senza esser visti (il direttore del carcere è un guardone che concede a Jag Jin e a Yeon di spingere i propri contatti fin quasi all'amplesso soltanto per poterli spiare) ancora le ossessioni della vita in cella, la violenza, i rituali... Le “stanze delle stagioni” sono una piccola ma pirotecnica invenzione visiva, una sorpresa tinta nel grottesco e carica di ironia.

KIM Ki-Duk –- Bonghwa (Corea del Sud), 1960
"In pochi anni, Kim Ki-duk è diventato uno dei cineasti più attivi ed apprezzati nel mondo. Radicale, estetico, perturbante, il cinema di Kim Ki-duk osserva i rapporti umani attraverso il prisma della società coreana. Lo spirito del suo cinema nasconde una rabbia profonda che risalta sullo schermo nella violenza, repressa e al contempo esacerbata, dei suoi personaggi; una violenza che è il loro unico modo di esprimersi. È proprio questa rabbia che lo spinge a fare del cinema" (dal catalogo Locarno 2003). Dopo varie sceneggiature, debutta nella regia nel 1996 con Crocodile, che porta già chiaro il suo marchio, quello di un cineasta intransigente, che dà voce a chi vive al margine, che denuncia l’alienazione di un sistema a cui si rifiuta di collaborare. Nel 2000 entra nel circuito dei festival con il controverso The Isle, a cui seguono Address Unknown (2001), Cost Guard (2002), Bad Guys (2004), Seom, Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera (2003), Ferro 3 (2004), La samaritana, L'arco.
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