Così la critica:
Matteo Treleani (MYmovies 2008):
Cupo e inquietante, ambientato in una Londra umida e invernale,
Eastern Promises è forse uno dei lavori stilisticamente più compatti ed efficaci di
Cronenberg. La fotografia che vira sul rosso e il nero; l'atmosfera sospesa in cui si muovono i protagonisti, costruiscono un mondo disturbante e precario. Il tutto consente la messa in scena dell'ossessione per il corpo come superficie d'iscrizione della propria memoria, luogo delle impronte del passato. I tatuaggi raccontano i trascorsi dei protagonisti nelle prigioni siberiane e gli incontri di lavoro si fanno nelle saune, per mostrare i disegni sulla pelle. Come racchiusi nei propri corpi i magnifici protagonisti, il glaciale
Mortensen, il buffone
Cassel e la sconvolta
Naomi Watts, fanno trasparire un'inquietudine esistenziale, quella della scelta. Al centro della riflessione di
Cronenberg, come accadeva in
A history of violence, la questione morale: il comportamento di un uomo nel momento in cui il suo mondo, quello malavitoso, si scontra con quello cosiddetto "normale". La potenza di
Eastern Promises è quella di trattare il tema all'interno del noir, sfruttando le logiche di genere per mettere in scena un dilemma essenziale. Rientrato in un certo modo nei ranghi,
Cronenberg sceglie di non usare le armi da fuoco, (...) centellina le scene d'azione che esplodono improvvise e ancora più violente durante la narrazione. Dopo averne destrutturato le regole, averle portate all'eccesso, nella sua filmografia, fino a farle collassare,
Cronenberg tocca qui una delle vette più alte del noir contemporaneo.
Eastern Promises regala, tra le altre cose, una scena culto:
Viggo Mortensen, nudo, lotta contro due energumeni in una sauna russa. Il sangue scuro e i colpi sordi delle lame sui muri la rendono una delle sequenze d'azione meglio riuscite degli ultimi anni.
Roberto Nepoti (La Repubblica):
Grande film di un regista capace di sorprenderci ogni volta,
La promessa dell'assassino è un "Taras Bulba" riambientato nella Londra odierna, dove i legami famigliari, i rituali, la violenza della mafia russa del clan "Vori v'zacone" sembrano rimasti fermi a quelli degli antichi cosacchi di
Gogol. (...) Conoscendo il repertorio delle ossessioni di
Cronenberg, sei tentato di andare in automatico: vero, nel suo nuovo film si ritrova la violenza, estrema e stilizzata insieme, del penultimo,
A History of Violence; certo, la carne è ancora il fulcro del suo cinema, nei corpi sgozzati, massacrati, stuprati, umiliati (terribile la scena in cui
Nikolaj "testa" sessualmente una giovane ucraina) che traversano il film da cima a fondo. Però, rispetto all'altro, il criterio di rappresentazione subisce un ribaltamento: in
History il regista adottava un tono grottesco, quasi parodistico; qui, l'atmosfera noir è tragica, feroce e malinconica senza soluzione di continuità. Nel milieu della mafia messa in scena come una tribù barbarica, i criminali russi perdono anzi - per la prima volta - il colorito caricaturale con cui il cinema era solito mostrarli.
Quanto alla violenza, c'è il rischio di scambiarne la rappresentazione per fascinazione: specie nella sequenza del bagno turco in cui
Nikolaj, nudo, si batte a morte con due sicari vestiti di pelle nera; combattimento di brutalità animalesca, che immaginiamo già nelle future antologie del gay-movie, accanto alla "ripassata" di
Marlon Brando nel "
Selvaggio".
E invece, le cose non stanno affatto così. Proprio nel modo radicale, crudo con cui la violenza è trascritta in immagini c'è la presa di distanza da essa, un'implicita somministrazione di disgusto allo spettatore, per la violenza in se stessa e per una cultura dove qualsiasi antagonismo - nella famiglia, nei rapporti. negli "affari" - è lavato col sangue. Quel che sembra premere di più al regista canadese, questa volta, è esplorare il confine interiore fra luce e ombra; meglio, l'ambivalenza costitutiva della natura umana, dove ombra e luce convivono indissolubili.
In fondo,
La promessa dell'assassino può essere guardato anche come una storia d'amore tra angeli decaduti, il killer tatuato e la giovane ostetrica contaminata dalle brutture del mondo; però senza la pretesa di distribuire condanne o assoluzioni, né di impartirci lezioncine di morale, ma traducendo tutto in immagini potenti, articolate senza mai una caduta di tensione. Assassini a parte, insomma, quello di
Cronenberg è un film che mantiene (di quanti si può dire altrettanto?) interamente la sua promessa.