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Mercoledi' 12 Marzo In collaborazione con il D.A.M.S.
Due proiezioni: ore 16,15 - 21,15
I PROTAGONISTI
(The player) di Robert Altman - dur. 118' USA 1992
Con Tim Robbins, Greta Scacchi, Whoopi Golberg, Fred Ward, Julia Roberts, Lyle Lovett
La trama di questo splendido film è molto semplice: un produttore esecutivo in odore di crisi, minacciato di morte da uno sceneggiatore decide di passare all’attacco. Uccide la persona sbagliata, ma niente paura: i cattivi a Hollywood, vivono felici e contenti.
Vincitore di 19 premi internazionali (+12 nominations), tra cui:
· Festival di Cannes 1992: Miglior regia, Miglior Attore (Tim Robbins)
· Nastri d’argento 1993: Miglior film straniero
· Golden Globes 1993: Miglior film, Miglior Attore (Tim Robbins)
· Premio Oscar 1992: Miglior Regia (nomination), Miglior montaggio (nomination), Miglior Sceneggiatura (nomination)
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Così la critica:
Paolo Mereghetti:
Satira dell’industria del cinema contemporanea dove gli studios sono diretti da cretini che esigono che si riassuma un film in venticinque parole e dove le buone idee sono sacrificate al lieto fine che il pubblico pretende. Altman oscilla furbamente tra la parodia e il rispetto delle regole che intende dileggiare.
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Film Selezione:
Altman diceva di essere stato cacciato dal sistema hollywoodiano da persone importanti che a loro volta erano state cacciate, perché a Hollywood nessuno può permettersi di lavorare in pace, un piccolo insuccesso fa immediatamente scordare il più grande dei successi. Bastano, però, otto minuti per rimettere le cose al loro posto: sono quelli del piano-sequenza iniziale. Otto minuti memorabili senza stacchi, proprio come nella mitica apertura di “L’Infernale Quinlan” di Orson Welles. Nessuno come Altman ha saputo ottenere da questi giochi di prestigio non un’ammirevole esercizio di stile ma lo specchio di una società, con la sua abiezione più totale, che si muta in altrettanta totale derisione.
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ALTMAN Robert
Kansas City, USA, 1925 Los Angeles, USA, 2006
“Cercare di compiere una lettura critica della filmografia di Altman è impresa quasi impossibile; perché l’Autore-Viaggiatore Altman ha battuto un numero davvero indefinito di strade, alcune anche apparentemente senza uscita, tanto da far scrivere ai critici alla fine degli anni Ottanta il suo epitaffio artistico. E invece sono proprio le pellicole imperfette - come il western post-moderno 'Buffalo Bill e gli indiani', la catastrofica (al botteghino) ma geniale rilettura fumettistica di 'Popeye' o la fintamente allegra follia di 'Beyond Therapy', più che capolavori acclamati e universalmente riconosciuti come 'M.A.S.H.', 'Il lungo addio' o 'Nashville' - a meritarsi l’onore della riscoperta in quanto simboli di quella sete inestinguibile di ricerca che ha portato il cinema di Robert Altman a essere riconosciuto da tutti come tale. I suoi testi piacevano a pochi, poiché raccontavano senza alcuna indulgenza della nostra continua involuzione, delle malattie d’America (e per estensione da contagio reciproco del mondo intero), di ipocrisie assortite e di una realtà dove le insidie morali grandi o piccole sono e saranno stabilmente dietro ogni angolo. E il suo tanto brutale quanto salvifico sguardo ci costringerà molto a lungo a fare i conti con noi stessi per non sprofondare definitivamente” (De Angelis).
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