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Lunedì 28 Gennaio Per non dimenticare
LA STRADA DI LEVI
di Davide Ferrario - dur. 92' Italia 2006
Soggetto e sceneggiatura di Davide Ferrario e Marco Belpoliti
Documentario. Davide Ferrario con Marco Belpoliti (scrittore, studioso di Levi, ideatore del film e co-autore) viaggia lungo i 6.000 chilometri percorsi nel 1945 da Primo Levi, liberato da Auschwitz, per tornare a Torino; un ritorno a casa narrato ne “La tregua”. La voce dello scrittore scomparso, attraverso brani del suo libro letti da Umberto Orsini, è il viatico alle immagini di quello stesso enorme paesaggio dopo la caduta del muro di Berlino. Una riflessione sulla identità smarrita.

1 nomination ad un premio internazionale.
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Così la critica:
Alberto Crespi (L’Unità)
“La strada di Levi” è bellissimo, istruttivo, a tratti persino divertente. Non è un documentario su Levi o sull’Olocausto: parte da Auschwitz, cittadina polacca che convive con le memorie della Shoah, e rifà il viaggio di Levi raccontando cosa è diventata quell’Europa 60 anni dopo.Si passa da Nova Huta- il sogno dell’industrializzazione polacca- e si chiacchiera con il regista de “L’uomo di marmo” Andrzej Wajda, si incontrano le macerie di Chernobyl, si fa la conoscenza con la Bielorussia di Lukashenko (un sorprendente pezzo du U.R.S.S. ancora in vita), si incrocia la casa natale di Hitler in Austria. Il film on the road diventa un ritratto della nuova Europa appena uscita da un’altra tregua, quella che secondo gli autori è durata dal 1989 (caduta del Muro) all’11 settembre 2001 (Twin Towers).
Lorenzo Pellizzari (Cineforum)
Che cosa è successo dopo la fine dell’impero sovietico, quali memorie ne restano, quali tracce sopravvivono, è forse il tema principale del film. All’apparente monolito si sono sostituiti infiniti nazsionalismi, rivendicazioni di identità anche minime, frantumazioni politiche e industriali, perfino agricole, nonché adocchiamenti all’Occidente, sia per usi e costumi, sia più dolorosamente per migranze… Nelle campagne si rimpiangono i kolchoz, la burocrazia è rimasta invariata, il controllo poliziesco (specie in Bielorussia) è rimasto immutato.. L’unica cosa che rimane invariata è la terra, coltivata in modo estensivo, l’incredibile vegetazione che domina il paesaggio, gli sterminati orizzonti. E la gente umile ma a suo modo orgogliosa.
FERRARIO Davide – Casalmaggiore, Italia, 1956
E' laureato in letteratura angloamericana. Nei primi anni ‘80 collabora con periodici cinematografici e organizza rassegne, eventi e festival di cinema. Autore di saggi sul cinema e di romanzi, è attivo anche nella distribuzione con la Lab80 di Bergamo. Alla sua piccola casa di distribuzione si deve, in quegli anni, la circuitazione in Italia di autori quali Fassbinder, Wenders e Wajda e lui stesso è agente italiano di alcuni filmakers americani indipendenti come John Sayles e Jim Jarmush, da subito modello di stile e ispirazioni produttive. Nel 1989, dopo aver già realizzato cortometraggi e documentari, debutta nel lungometraggio con ‘La fine della notte’, piccolo road-movie sulla tragica notte brava di due ragazzi di provincia. Negli anniseguenti dirige ‘Anime fiammeggianti’, il documentario ‘Materiale resistente’, 'Tutti giù per terra', ‘Guardami’.
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