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Sitges 2011 (2° parte)
Sono più di venti i film che sono riuscito a vedere nei pochi giorni che ho trascorso al Festival di Sitges. Ecco delle brevissime recensioni di quelli delle Sezioni Speciali, Nuove Visioni, Sitges Family, Anima’t, Midnight X-Treme e Seven Chances.
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La locandina
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Una scena del film
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Juan Carlos Fresnadillo
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INTRUDERS di Juan Carlos Fresnadillo
Spagna, 2011
Si svolge tra la Spagna e l’Inghilterra il nuovo film di Juan Carlos Fresnadillo, che esce a quattro anni di distanza dal precedente “28 settimane dopo”. Nelle scene inglesi il protagonista è interpretato da Clive Owen, un uomo normale la cui vita viene sconvolta quando la figlia tredicenne si ritrova una notte un ladro in camera da letto. In Spagna il piccolo Juan sogna di un estraneo che entra in casa sua senza che la madre possa impedirlo. È tutto basato sull’alternanza tra sogno e realtà, nell’incertezza di cosa è vero e cosa è incubo. Molte le trovate interessanti a livello scenico e registico e gli attori sono bravi trasmettere la perdita di certezze man mano che la trama del film si snoda.
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La locandina
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Una scena del film
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Naomi Kawase
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HANEZU NO TSUKI di Naomi Kawase
Giappone, 2011
Marito e moglie. Ormai tra di loro c'è una distanza emotiva incolmabile e, sebbene il marito non se ne accorga e pensi a cosa mangiare per cena, la moglie si accorge di non essere più felice con lui. E pensa all'uomo di cui è in realtà innamorata, un uomo totalmente differente dal marito. Così differente che lei stessa fa fatica a capirlo totalmente.
Naomi Kawase ambienta il suo film nelle terre che l'anno vista crescere, nella regione di Asuka. Il cinema di Kawase è un cinema poetico, ricco di richiami alla tradizione e fortemente legato ai luoghi della messa in scena. Sicuramente non facile, ma ricco di fascino.
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La locandina
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Una scena del film
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Shinya Tsukamoto
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KOTOKO di Shinya Tsukamoto
Giappone 2011
Kotoko è una donna con una rarissima personalità bipolare che la porta ad avere visioni di scene di violenza estrema che non le permettono di distinguere con certezza il reale dall’immaginazione. Questo problema ovviamente le condiziona la vita ma le cose si aggravano ulteriormente con la nascita di sua figlia.
Con una filmografia che contiene film quali “Tetsuo” e “A Snake of June” non si può mai sapere cosa aspettarsi da Shinya Tsukamoto.E anche “Kotoko” conferma questa regola: un film splendido, originale e con una serie di trovate davvero spiazzanti. In “Kotoko” niente è mai quello che sembra e si passa dalla violenza alla risata, dallo splatter alla comicità senza alcuna soluzione di continuità. Ottima prova anche dei due attori principali: la cantante Cocco (che ha collaborato anche alla sceneggiatura) e lo stesso regista.
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La locandina
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Una scena del film
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Shunji Iwai
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VAMPIRE di Shunji Iwai
USA, Canada, 2011
Il film si basa su uno spunto geniale. Il protagonista è un vampiro. Ma non di quelli dei film horror gotici con denti a punta e mantello svolazzante. È semplicemente un uomo il cui interesse prioritario è bere il sangue delle persone. Però non è un assassino, non vuole togliere la vita con la forza a nessuno. Come fare? Si iscrive ad un sito internet di suicidi è lì che troverà le vittime perfette per i suoi scopi.
Un film di vampiri realistico, è questa la sfida del talentuoso regista giapponese Shunji Iwai al suo primo film americano. La metodologia del suicidio-omicidio, la madre malata legata ai palloncini, la setta di vampiri… sono molte le trovate interessanti di questo film semplice e affascinante.
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La locandina
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Una scena del film
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Scott Leberecht
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MIDNIGHT SON di Scott Leberecht
USA, 2011
Il film ricorda per tematica e intenti il già citato Vampire di Shunji Iwai. Anche in Midnight Son infatti si parla di vampiri nella società moderna e in maniera realistica. In questo caso il protagonista è Jacob, un giovane che non può uscire alla luce del sole per una malformazione della pelle e nel contempo beve sangue per alleviare i danni causati dalla sua malattia. La sua condizione peggiorerà sempre più con l’incontro di Mary.
Film basso budget con un’atmosfera buia e sporca. Alcune trovate sono interessanti ma il ritmo è troppo lento e monotono per coinvolgere appieno lo spettatore.
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La locandina
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Una scena del film
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Una scena del film
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THE THEATRE BIZARRE di registi vari
Canada, USA, Francia, 2011
The Theatre Bizarre è il classico film a episodi con una serie di storie autoconclusive, slegate le una alle altre ma tutte bizzarre e con abbondanti dosi di splatter. In questo sono grand guignol del ventunesimo secolo sono stati chiamati a partecipare sette registi specializzati nel genere horror: Douglas Buck (“Sisters”), Buddy Giovinazzo (“Combat Shock”), David Gregory (“Plague Town”), Karim Hussain (“Subconscious Cruelty”), Jeremy Kasten (“The Thirst”), Tom Savini (“La notte dei morti viventi”) e Richard Stanley (“Dust Devil”).
Non tutte le storie sono allo stesso livello ma alcune sequenze resteranno a lungo nella mente dello spettatore. Sconsigliato alle persone impressionabili.
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La locandina
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Una scena del film
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Kim Ki-duk
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ARIRANG di Kim Ki-duk
Corea del Sud, 2011
Kim Ki-duk è universalmente considerato come uno dei più importanti registi del cinema asiatico e coreano in particolare. È sempre stato un regista molto prolifico: nei primi 12 anni di carriera ha realizzato 18 film, vincendo premi nei principali festival internazionali (Venezia, Cannes, Berlino). Nel 2008 però la sua produzione filmica si interrompe bruscamente è per tre anni nessuno parla più di Kim Ki-duk. Come mai? È successo qualcosa sul set di “Bi-mong” che lo ha portato ad allontanarsi dal cinema?
“Arirang” è questo: una lunga video confessione in cui Kim riflette con le stesso e con il pubblico sulla sua vita, sui suoi successi e i fallimenti, su cosa si può chiamare cinema e qual è il ruolo del regista. Un film-documentario sorprendente, dedicato a tutti quelli che amano i cinema del cineasta coreano.
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La locandina
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Una scena del film
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Oh Seong-yun
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LEAFIE di Oh Seong-yun
Corea del Sud, 2011
La Corea del Sud non è certo famosa per il cinema d’animazione. Stupisce quindi ancora di più questo “Leafie” un film molto affascinante e distante come gusto e storia dal cinema d’animazione occidentale. Leafie è una gallina, riesce a fuggire dalla follia dei pollai a batteria ma la vita nella foresta è tutt’altro che facile. Qui conosce e si innamora di un’oca ma questa ben presto verrà uccisa dalla spietata donnola con un occhio solo. È così che Leafie si ritrova a crescere, come improbabile madre adottiva, una piccola ochetta rimasta orfana.
Un film emozionante, duro come può essere la realtà e al contempo dolce come l’amore di una madre. Diversità, adozione, paura per non si conosce e pregiudizio verso i diversi, questi sono solo alcuni dei tanti temi toccati con maestria nel corso del film. Notevole anche l’aspetto grafico con personaggi spigolosi che ben si sposano con i bellissimi sfondi e i colori accesi.
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La locandina
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Una scena del film
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Kozo Morishita
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OSAMU TEZUKA’S BUDDHA THE GREAT DEPARTURE di Kozo Morishita
Giappone, 2011
Osamu Tezuka è considerato uno dei pionieri del fumetto e dell'animazione giapponese, tanto da essere conosciuto come "dio dei manga". "Budda" è un dei suoi fumetti più importanti e racconta, ovviamente in maniera romanzata con l'aggiunta di elementi fantastici, la vita di Gautama Buddha e la nascita dei valori del Buddhismo. Questa è la prima parte di una trilogia che vuole trasporre il fumetto di Tezuka in cinema d'animazione. In questo capitolo intitolato “The Great Departure” si racconta la giovinezza di Siddartha Gautama, principe dell’antico regno indiano Shakya. Dietro la macchina da presa Kozo Morishita, regista e produttore famoso per aver curato serie animate di successo come “I cavalieri delle Zodiaco” e “Dragon Ball Z”. Consigliato agli amanti di anime anche se probabilmente il pubblico occidentale non sarà in grado di recepire ogni riferimento alla cultura indiana e alla religione buddhista.
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La locandina
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Una scena del film
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Christopher Sun
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3-D SEX AND ZEN: EXTREME ECSTASY di Christopher Sun
Hong Kong, 2011
Combattimenti cinesi a la “La trigre e il dragone”, bellissime donne in vestiti discinti se non totalmente ignude, sesso in gran quantità e… 3D stereoscopico!!! Cosa ne può venir fuori? Un film divertente più che erotico. Nonostante le numerosissime scene di sesso (mai esplicito) il tutto è affrontato in maniera grottesca e spiritosa. E così si spiegano anche gli amplessi più improbabili e i peni-serpente di alcune scene. Buono l’effetto 3D utilizzato soprattutto per scagliare oggetti verso lo spettatore. Tratto da un romanzo erotico del XVII secolo intitolato "The Carnal Prayer Mat", questo nuovo capitolo della celebre saga “Sex and Zen” è stato in patria un successo al botteghino strabiliante.
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La locandina
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Una scena del film
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Catherine Breillat
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BARBE BLEUE di Catherine Breillat
Francia, 2009
Catherine Breillat è una regista francese controversa, spesso attaccata per la forte sessualità e violenza presente nei suoi film. Con "Barbe Bleue" cerca una strada meno esplicita ma senza rinunciare ad esplorare i temi a lei cari. Il film racconta di due sorelline negli anni '50. La più grande si diverte a spaventare la più piccola leggendole continuamente la fiaba di Barbablù. Pian piano la bambina si lascia sempre più affascinare dalla fiaba fino ad identificarsi totalmente in Marie-Catherine, ultima moglie di Barbablù e l'unica sopravvivere.
Un film molto bello, soprattutto nella messa in scena della fiaba di Perrault. Per la sceneggiatura la regista si ispirata alla vita di Gilles de Rais, militare francese del 15° secolo condannato a morte per alchimia, stregoneria e per aver stuprato, torturato e ucciso centinaia di bambini e adolescenti.
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