“Sitges 2008: 41 anni di Cinema Horror” (2° parte)
Ormai una costante nelle ultime edizioni del Festival di Sitges è la “Notte degli Zombies”, quattro pellicole ultra “gore” sui morti viventi, proiettate una dopo l’altra a partire dall’una alle otto del mattino! Un vero tour de force per tutti i fans degli “Flesh Eaters” creati da George A. Romero, che vede ogni anno la sala del cinema “El Retiro sempre stracolma di spettatori.
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La locandina
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Una scena del film
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Dominic Monaghan
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I SELL THE DEAD di Glenn McQuaid
Si comincia con il divertente I sell the Dead dell’esordiente Glenn McQuaid. Nativo di Dublino, McQuaid inizia la sua carriera come Visual Effects Designer presso la società di produzione di Larry Fessenden, per cui si occupa della regia della seconda unità e degli effetti speciali in The Last Winter ed è proprio il regista di Wendigo a portare il suo pupillo dietro la macchina da presa, producendo con la “Glass Eye Pix” I sell the Dead, prendendovi parte anche come attore al fianco di Dominic Monaghan (noto al pubblico televisivo per aver interpretato Charlie in Lost).
Il film si apre proprio con la decapitazione in piazza di Fessenden, di fronte ad un pubblico compiaciuto, mentre nelle umide prigioni della cittadina dove si svolge la vicenda, Monaghan decide di confessare i suoi peccati ad un prete (il mitico Ron Perlman) e raccontare le disavventure che li hanno portati ad essere condannati a morte per omicidio e commercio di cadaveri.
Ambientata nel 19° secolo, la pellicola di Glenn McQuaid, autore anche della sceneggiatura, miscela con scanzonata ironia molti dei personaggi più noti della mitologia fantastica: Zombies, Vampiri, scienziati folli e perfino gli Alieni sono protagonisti delle disavventure dei due pasticcioni ed imbranatissimi truffatori, che riportano alla mente alcune delle migliori “gags” di Bud Abbot e Lou Costello (da noi insulsamente ribattezzati Gianni e Pinotto!!). Nel cast anche un cammeo di Angus Scrimm, memorabile “Tall Man” nella saga di Phantasm.
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La locandina
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Una scena del film
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Una scena del film
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DANCE OF THE DEAD di Gregg Bishop
Rimaniamo ancora nell’ambito delle “Horror Comedy”, ma ci spostiamo in un college Statunitense, con Dance of the Dead, del trentacinquenne Gregg Bishop, qui al suo secondo lungometraggio dopo l’interessante Fuga dall’Inferno, distribuito in Italia solo in DVD.
Alla “Cosa High School” gli studenti si confrontano con le classiche preoccupazioni giovanili, come riuscire a fare sesso ed organizzare il ballo di fine anno. Jimmy (Jared Kusnitz) e Lindsey (Greyson Chadwick) hanno un approccio diametralmente opposto all’evento e questo provoca tra i due litigi ed incomprensioni, a peggiorare ulteriormente la situazione, i rifiuti radioattivi di una vicina fabbrica riportano in vita i morti, affamati ovviamente di carne umana e gli unici in grado di fermarli ed opporsi alla consueta devastazione ed ai banchetti a base di cervelli ancora caldi saranno proprio gli studenti più sfigati del Campus, i cosiddetti “Nerds”, tagliati fuori dal ballo di fine anno perchè senza una ragazza ed un invito.
Prodotto da Ehud Bleiberg (non nuovo alle Horror Comedies avendo già finanziato anche il divertente Monster Man di Michael Davis) e scritto da Joe Ballarini, un compagno di Università di Bishop, Dance of the Dead omaggia alcuni classici del genere quali La Casa ed Il ritorno dei Morti Viventi, riuscendo però ad aggiungere un tocco di originalità, come il fatto che gli Zombies vengono ipnotizzati dalla musica e saltano letteralmente fuori dalle tombe, come se fossero sparati da dei cannoni!
“Mi sono immediatamente innamorato dei personaggi creati da Ballarini, i films sugli Zombies sono spesso molto deprimenti, c’è sempre un’atmosfera da fine del mondo, in cui siamo tutti spacciati!”, ci spiega Bishop “quasi tutti i personaggi sono poi così odiosi che non te ne frega nulla di loro, alla fine ti ritrovi a parteggiare per gli Zombies e speri che li divorino. Il nostro approccio è stato diverso, abbiamo cercato di creare persone reali, con cui sia facile identificarsi, è la storia di un gruppo di ragazzi che, in condizioni normali, non potrebbero mai essere amici, ma che sono obbligati dalle circostanze a fare squadra e battersi per sopravvivere. E’ curioso come, in situazioni estreme, crollano tutte le barriere sociali”.
Operazione pienamente riuscita quella di Gregg Bishop, i suoi sfigati studenti si guadagnano le simpatie del pubblico, ma la nostra personale palma d’oro di personaggio più spassoso va al becchino (l’attore e Stuntman James Jarrett) che, per tutta la durata del film, tenta con noncuranza di seppellire e far restare i Morti sottoterra.
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Una scena del film
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VIRUS UNDEAD di Wolf Wolff e Ohmuthi
Virus Undead, produzione Tedesca girata in Inglese è, per ammissione dei suoi stessi autori (Wolf Wolff e Ohmuthi, che fanno coppia anche nella vita), un omaggio a Gli Uccelli di Alfred Hitchcock, ma ibridato in una mescola non perfettamente riuscita con pellicole come 28 giorni dopo e Virus Letale.
Sfruttando la paura della popolazione per il recente diffondersi delle malattie, la storia si apre con cinque amici che decidono di passare un weekend in un piccolo paesino nella foresta di Brandeburgo, dove il nonno professore di uno di loro, morto recentemente, gli ha lasciato in eredità una villa. Il villaggio semi abbandonato ed i numerosi cadaveri di animali che costellano i margini della strada non lasciano presagire nulla di buono, aggiungete anche che i baldi ragazzi scoprono nel seminterrato della tetra magione un laboratorio nascosto e ne avrete abbastanza perché il vostro buon senso vi dica di darvela a gambe levate! Superfluo dire che i nostri preferiranno invece passare la notte nella casa, subendo l’attacco degli abitanti del villaggio, infettati da un virus, veicolato dagli uccelli, che li muta in Zombies affamati di carne umana. L’intervento dell’esercito, nel finale, sarà di poco conforto, l’epidemia ha già raggiunto Berlino ed i primi sintomi del contagio iniziano a fare la loro comparsa tra i soldati.
Atto di accusa nei confronti dell’industria farmaceutica, Virus Undead riesce a creare alcuni attimi di tensione e si avvale dei convincenti make-up della “Twilight Creations” (già vista al lavoro in Bloodrayne ed Antibody) e degli effetti di animatronics degli animali di Markus Hahn. Ideato come primo episodio di una trilogia il film, pur non brillando certo per originalità, presentando situazioni già viste innumerevoli volte, è comunque un onesto e coraggioso sforzo produttivo che dimostra ancora una volta la vivacità del cinema Horror indipendente Europeo e, in questo caso, Tedesco, che a differenza della nostra produzione nazionale, si mette in gioco rischiando capitali (Virus Undead è realizzato su pellicola in 35 mm.) e sponsorizzando autori emergenti (Wolff viene dalla pubblicità e dai videoclip musicali).
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Una scena del film
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AUTOMATON TRANSFUSION di Steven C. Miller
Sono circa le sei del mattino, la maratona sui Morti viventi sta per concludersi e sullo schermo partono le immagini di Automaton Transfusion, del ventottenne Steven C. Miller: qualcosa di insolito sta accadendo nella scuola del giovane Chris (Garrett Jones), un professore viene morso da un alunno e la città è stranamente deserta, la situazione degenera rapidamente quando gli studenti sono assaliti da una orda di Zombies e…………titoli di coda, si accendono le luci nel cinema “El Retiro”!!!
Il vostro reporter è sprofondato tra le braccia di Morfeo dopo circa 15 minuti di proiezione, spossato dal “Tour de Force” dei cadaveri antropofagi e non è quindi in grado di darvi un onesto giudizio sull’opera prima di Steven Miller. Girato in soli nove giorni con un budget irrisorio, Automaton Transfusion è un omaggio dell’autore agli Zombie Movies degli anni ’80 e scritto, nelle intenzioni del regista, come primo capitolo di un trittico sugli “Flesh Eaters”.
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I love Sarah Jane
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Arbeit fur alle
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Dead Bones
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CORTOMETRAGGI
Ma se non ne avete ancora abbastanza di cadaveri putrefatti che deambulano sullo schermo, la sezione cortometraggi ha proposto l’Australiano I love Sarah Jane, di Spencer Susser, fantasiosa storia d’amore tra due ragazzini in un mondo invaso dagli Zombies, Arbeit fur alle (Lavoro per tutti), produzione Tedesca in cui i disoccupati accettano il pericoloso incarico di cacciatori di Morti Viventi e Dead Bones, curioso Horror Western scritto e diretto dallo Svizzero Olivier Beguin, in cui non ci sono cadaveri, ma i gestori di un ristorante di un villaggio Messicano con una particolare predilezione per la carne umana! Girato in Almeria, negli splendidi set naturali già utilizzati da Sergio Leone ed in decine di Spaghetti Western, Dead Bones è interpretato da Ken Foree (ma non perdetevi la fugace apparizione del nostro Ruggero Deodato), una icona del cinema Horror, reclutato dal regista proprio a Sitges l’anno precedente, quando l’attore di colore era intervenuto per presentare l’Halloween di Rob Zombie.
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Una scena del film
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THE BURROWERS di J.T. Petty
Ancora ambientazioni “Old west” per The Burrowers, dove un drappello di cowboys parte alla ricerca dei membri di una famiglia di contadini, rapiti dagli Indiani, ma ciò che trovano ad aspettarli nelle deserte praterie del New Mexico è una specie che non ha nulla di umano: “questi animali esistono dalla notte dei tempi, nascosti in lunghe gallerie nel sottosuolo, escono in superficie solo per cacciare i bisonti, della cui carne si nutrono. Ma dopo che l’uomo bianco ha sterminato la loro principale fonte di cibo queste creature non hanno altra scelta che integrare la loro dieta con gli esseri umani”, ci spiega il regista J.T. Petty, non nuovo al genere Horror avendo già diretto Mimic: Sentinel, terzo capitolo della saga creata da Guillermo Del Toro (e beniamino dei patiti di videogames, per cui ha contribuito alla creazione del celebre Splinter Cell ed all’adattamento di Batman Begins).
Disegnate da Robert Hall insieme allo stesso Petty, le creature di The Burrowers iniettano un siero paralizzante nelle proprie vittime, le sotterrano e se ne nutrono lentamente: “so che può sembrare orribile, ma se ci guardiamo intorno vediamo che la natura è terribile: ragni che paralizzano le proprie prede e le avvolgono in un bozzolo fino a quando non sono sufficientemente morbide per divorarle o insetti che depongono le proprie uova sotto la pelle delle proprie vittime, sono solo alcuni esempi di come possa essere implacabile la natura”. Petty, autore anche della sceneggiatura, abbina agli elementi Horror la critica sociale, condannando apertamente il massacro degli Indiani d’America da parte dei coloni e dell’esercito: “Il film è ambientato due anni dopo la battaglia di Little Big Horn, quando il genocidio perpetrato sui nativi aveva lasciato in vita solo forse il due per cento della popolazione, eppure eravamo ancora spaventati da loro. Ho cercato di rappresentare questa situazione nella mia storia ed infatti i protagonisti principali, quando finalmente apprendono la verità su queste creature, hanno purtroppo già torturato o ucciso gli Indiani che avrebbero potuto aiutarli perché si tramandano la conoscenza di questi animali nelle loro leggende da generazioni”.
Buoni propositi quelli del regista Statunitense, anche se l’aver messo un pò troppa carne al fuoco influisce negativamente sulla fluidità della vicenda e gli elementi Horror risultano spesso annacquati da dialoghi prolissi, mentre la minaccia ed il terrore dei “Burrowers” è adombrata dalla figura del razzista e sadico Capitano Henry Victor (Doug Hutchinson).
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Una scena del film
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TRICK 'R TREAT di Michael Douguerty
Tra gli apprezzatissimi regali che Sitges dona al suo pubblico le proiezioni a sorpresa sono tra le più attese dai fans e l’edizione 2008 ci ha deliziato con Trick ‘r Treat, di Michael Douguerty, pellicola dalla travagliata distribuzione. Prodotta dalla Warner Bros, doveva infatti raggiungere gli schermi Statunitensi ad ottobre 2007, ma temendo la concorrenza di Saw 4 ne è stata fatta slittare l’uscita prima ad Halloween dello scorso anno e poi all’autunno del 2009, optando per la sola edizione in DVD!!
Favola dark che si rifà alla cinematografia del terrore degli anni ’80, Trick ‘r Treat affonda le sue radici nella tradizione della notte di Halloween, in cui i morti risorgono e creature demoniache si aggirano tra di noi. La storia è ambientata la notte di Ognissanti, in una piccola cittadina dell’Ohio (Vancouver in realtà), in cui gli abitanti si trovano faccia a faccia con gli aspetti più terrificanti di questa ricorrenza: serial killers, cannibali, bambini diabolici e licantropi (disegnati da Patrick Tatopoulos) fanno infatti capolino sullo schermo nei quattro differenti episodi che compongono il film, in una trama ad incastro, con Sam, l’attore di 7 anni Quinn Lord (che vediamo con la maschera di Halloween nel poster della pellicola), a fare da “trait d’union”.
Realizzato quasi totalmente all’interno dei North Shore Studios, dove sono state ricostruite due case con i relativi giardini, una cava di pietre ed una foresta, il film ricorda molto The Nightmare before Christmas, ma con attori in carne ed ossa, ottimi caratteristi tra cui spiccano: Dylan Baker (Fido), Anna Paquin (che abbiamo apprezzato in True Blood, telefilm con protagonisti i Vampiri) e Brian Cox. Dispiace che a piccoli gioiellini come Trick ‘r Treat non venga concesso un passaggio nelle sale, mentre prodotti insulsi e privi di qualità artistiche invadano ogni anno i nostri schermi.
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Splinter
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Tokyo Gore Police
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Encarnacaò do Demonio
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Un benzinaio viene incuriosito da qualcosa di insolito che si muove nell’erba nei pressi della stazione di servizio ed in pochi secondi viene divorato da una strana creatura. Più tardi una coppia in vacanza ed alcuni ladri saranno costretti ad allearsi per sopravvivere agli attacchi di una forma di vita parassita, in grado di prendere possesso dei corpi delle proprie vittime. Stiamo parlando di Splinter, debutto nel lungometraggio dell'Inglese Toby Wilkins, che a Sitges ha avuto la sua prima mondiale.
Con un budget modesto il regista trentasettenne realizza un originale Horror che strizza l’occhio a La Cosa e La notte dei Morti Viventi, con efficaci effetti speciali (realizzati dalla “Quantum Creation FX”), tra cui spicca una mano ricoperta di aculei che si sposta come un minaccioso ragno.
Citiamo ancora, tra la miriade di pellicole presentate al Festival, impossibili da visionare tutte per il sovrapporsi delle proiezioni, il delirante ma spassosissimo Tokyo Gore Police, ambientato in un apocalittico futuro dove la polizia è stata privatizzata ed un gruppo di mutanti, in grado di rigenerare le proprie ferite mutandole in armi di distruzione, si oppone alla corruzione delle forze dell’ordine. Tra litri di sangue, organi genitali femminili dotati di affilatissimi denti e membri maschili trasformati in improbabili fucili, il film piacerà sicuramente ai fans del “gore” più estremo, mentre creerà qualche problema di stomaco agli spettatori più sensibili.
Encarnacaò do Demonio, terzo e conclusivo episodio sulle pratiche di stregoneria di Coffin Joe, il sadico beccamorto alla ricerca della vita eterna creato dal Brasiliano José Mojica Marins, e lo Spagnolo Intrusos en Manasés, di Juan Carlos Claver, interessante piccola produzione che miscela abilmente i Nazisti con le storie di fantasmi ed i sacrifici umani.
Quando leggerete la parte conclusiva di questo report sul festival Catalano il sottoscritto sarà nuovamente a Sitges per la quarantaduesima edizione della manifestazione dove, insieme con Tony Timpone, direttore di Fangoria, parteciperà ad una tavola rotonda per festeggiare i trenta anni della rivista.
A tutti i lettori un arrivederci al mio ritorno.
Roberto E. D’Onofrio
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