Le streghe son tornate…
E’ un periodo di grande vitalità cinematografica in Piemonte: Torino è sempre più il centro di un nuovo rinascimento del cinema (e l’ultima edizione del Film Festival, con numeri da record, lo testimonia); le grandi e medie produzioni italiane e non scelgono sempre più spesso il capoluogo sabaudo e le zone limitrofe come location; e, non ultimo, le produzioni indipendenti locali iniziano a farsi largo nel difficile mare della distribuzione nelle sale.
Lo scorso anno, grazie unicamente al passaparola e alla forza della storia e dei luoghi raccontati,
Il vento fa il suo giro di
Giorgio Diritti si è imposto all’attenzione dei cinefili come il “caso” della stagione: un piccolo film, girato in una piccola valle, parlato in una lingua “per pochi” l’occitano - per lunga parte sottotitolato, è stato programmato per mesi in tutta Italia e ha vinto numerosi premi ai festival di tutto il mondo. Sulla scia di quel film, il panorama cinematografico piemontese si va riempiendo di lavori girati in piccole comunità, in realtà locali che rivendicando la loro unicità e affermando le proprie tradizioni cercano di ottenere almeno una parte di quel successo e di quella visibilità.
Ego sum stria di
Pier Carlo Sala rientra in questa grande famiglia. Ambientato nelle valli di Lanzo, in provincia di Torino, il film racconta il regista basa “il suo racconto sul ritrovamento realmente avvenuto di un grimorio stregato appartenuto ad un abate”. Una storia di streghe e malefici, dall’ambientazione molto notturna, capace di valorizzare la notevole bellezza paesaggistica della location. Un lavoro artigianale, realizzato con attori alle prime armi alcuni dei quali se la sono cavata discretamente, altri meno… - e con una strumentazione tecnica decisamente inferiore a quella del film di
Diritti (che, sia chiaro, è un prodotto riuscito molto meglio ma ha anche alle spalle mezzi maggiori). Ma è normale che un film girato da “non professionisti” abbia dei difetti, e non è intenzione di questa recensione nasconderli: nonostante la durata limitata (70 minuti scarsi), in molti tratti le scene sono sembrate troppo lunghe (il primo flashback, ad esempio, ha una prima parte lunga e onestamente inutile; la camminata del prete verso il paese pare infinita…) e la risoluzione finale della storia, che non svelo, appare confusa.
Non bisogna però trascurare i pregi di
Ego sum stria: è da quelli che il regista e il suo staff dovranno partire per realizzare il prossimo lavoro. Lo spunto della trama è interessante, anche se lo svolgimento a tratti si perde, l’uso della fotografia (con i flashback di colore “virato”) interessante, la scelta di valorizzare il dialetto, inserendo quindi anche diversi momenti con sottotitoli, riuscita e stimolante. La colonna sonora è ad opera di
Shea: un notevole sforzo non è comune che una piccola produzione disponga di un’intera colonna sonora originale che a volte però diventa eccessivo. Pur apprezzando il lavoro del compositore, a tratti la musica diventa ossessiva e sarebbero stati apprezzati alcuni momenti di semplice silenzio.
Il regista,
Pier Carlo Sala, è un 40enne di Vercelli, autodidatta: dopo aver scritto il primo film lo scorso anno,
Se non avessi urlato (“Un lavoro deludente, di cui non ho curato la regia in prima persona: non era come lo immaginavo”, ha dichiarato lui stesso), ha deciso di mettersi dietro la macchina da presa per questo secondo lavoro. Realizzato dalla
Babylon Association,
Ego sum stria è stato autoprodotto con un budget di 10.000 euro, è costato 6 mesi di lavoro da gennaio a giugno del 2007 e ha impegnato circa 90 interpreti, tra protagonisti e comparse. Ora è disponibile in DVD sul sito della casa produttrice. Un lavoro con diverse pecche, ma da cui traspare la passione del regista e la sua voglia di “fare cinema”. In attesa del prossimo film…
Carlo Griseri (www.cineboom.it)