VOLERE LE ROSE NON E' REATO
“Vogliamo il pane e anche le rose”. Era un vecchio slogan di protesta di un gruppo di operaie tessili statunitensi nel 1912. Da quel motto Alina Marazzi ha tratto il titolo del suo ultimo documentario Vogliamo anche le rose, dedicato alla ricostruzione del movimento femminista in Italia tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’80. (A quello slogan si era rifatto anche Ken Loach per il suo Bread and Roses). Dopo Un’ora sola ti vorrei, dedicato alla figura di sua madre, la regista milanese torna a raccontare un pezzo di memoria (questa volta collettiva) attraverso uno splendido lavoro su materiali d’archivio, durato anni. Una ricostruzione avvenuta tra fotografie, fotoromanzi, diari, filmini di famiglia, inchieste e dibattiti televisivi, film indipendenti e sperimentali, riprese militanti e private, pubblicità, musiche e animazioni d'epoca e originali. “Non ho avuto un approccio scientifico alla ricerca, ho lasciato che i vari reperti mi capitassero tra le mani, mi incontrassero”, ha raccontato la stessa regista presentandolo all’anteprima torinese.
Si tratta di un netto passo avanti rispetto all’opera che ha reso quello di Alina Marazzi uno dei nomi più interessanti nel panorama documentario italiano (e non solo): in Un’ora sola ti vorrei si riscontrava una vena di eccessiva autoreferenzialità, la voce fuori campo alla fine stancava e sembrava che la pellicola guardasse solo al suo ombelico.
Vogliamo anche le rose invece ha tutto un altro respiro, un’altra capacità di far rivivere quegli anni a chi come la regista, del resto non ha avuto la (s)fortuna di esserci. Un lavoro che sconfina a tratti nella video arte, che mischia egregiamente (specie nella prima metà) animazione e testimonianza, che varia più volte registro facendo passare dall’ironia alla rabbia, dalla consapevolezza alla commozione con grazia ed estro. Un documento importante che, come pochi altri in Italia, riesce a dare degli anni ’70 un ritratto al tempo stesso distaccato ma coerente, sincero e chiaro. Sono numerosissime le fonti citate nei titoli di coda a cui la regista ha attinto per il suo lavoro, oltre alla consulenza storica di Diego Giachetti.
Vogliamo anche le rose è stato già proiettato in numerosi festival: a Locarno l’estate scorsa, ad Amsterdam e Londra (con i biglietti esauriti già settimane prima) e a novembre anche al Festival di Torino (anche qui sale piene e gente addirittura in piedi!). In origine avrebbe dovuto essere un documentario sulla liberazione sessuale della donna, si è trasformato invece, cammin facendo, in un lavoro sul femminismo. Tema centrale della lotta di quegli anni la legge sull’aborto: un argomento tornato prepotentemente alla ribalta in questi giorni di campagna elettorale, un motivo in più per andare a vedere questo film e per ribadire ancora una volta l’essenzialità dei diritti conquistati. A tal proposito, tra i momenti più toccanti dell’intero film c’è la testimonianza tratta da uno dei diari consultati da Alina Marazzi, quello di Teresa (proveniente dalla Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano), una giovane militante di sinistra che si trova a raccontare il dramma della sua interruzione di gravidanza (avvenuta prima del 1978, quando ancora era illegale). Oltre al suo, vengono raccontati altri due diari, quello di Anita e quello di Valentina. “Il film immagina gli eventi narrati nei diari ricorrendo a materiali di repertorio dell'epoca, accostandoli, forzandoli ed esaltandoli in una libera interpretazione che vuole andare al di là della ricostruzione storica per cogliere il più possibile tutta la verità emotiva e esistenziale di cui la storia è fatta”, dice la stessa Marazzi sul sito del film.
Vogliamo anche le rose esce nei cinema alla vigilia della Festa della donna e a poche settimane dalle elezioni. Speriamo che siano in tanti ad andarlo a vedere e a trarre conclusioni su ciò che siamo stati e su ciò che potremmo diventare. Un documentario che si rivolge alle donne ma anche (e forse soprattutto) agli uomini. “Vorrei tanto che si esprimessero, che prendessero una posizione, ma non come scienziati, politici o professori, bensì come padri, fratelli e mariti”. Questo l’augurio a fine proiezione della regista. Chissà se verrà esaudito.
Carlo Griseri (www.cineboom.it)
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