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Stagione 2007 2008
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LASCIA PERDERE, JOHNNY
di Fabrizio Bentivoglio - dur. 104', Italia 2007
Con Antimo Merolillo, Ernesto Mahieux, Lina Sastri, Roberto De Francesco, Luigi Montini, Flavio Bonacci, Ugo Fangareggi, Daria D'Antonio, Peppe Servillo, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Toni Servillo
THE SHOW MUST COME ON
La trama. Caserta, anno 1976: Fausto Ciaramella, diciottenne figlio unico di madre vedova (Lina Sastri) , deve trovare un lavoro (con tanto di contratto) entro la fine dell’anno per riuscire a evitare il servizio militare. Fausto un’occupazione ce l’ha, suona la chitarra nell'orchestra del maestro Domenico Falasco (Toni Servillo), trombettista e bidello. Ma il suo datore di lavoro, l’organizzatore di concerti Raffaele Niro (un ottimo e sempre meglio utilizzato dal cinema Ernesto Mathieux), è un po’ restio a regolarizzare i suoi affari. Quando Falasco esce di scena in modo improvviso, dal nord arriva la tournée del grande maestro Augusto Riverberi (Fabrizio Bentivoglio) : un musicista milanese noto alle cronache rosa per una sua passata storia con Ornella Vanoni, ormai in caduta libera nella sua carriera e quindi costretto a rimediare nei paesini della Campania con un manager arraffone come Niro. "Il nome – ha detto il regista Fabrizio Bentivoglio, qui all’esordio nel lungometraggio, alla presentazione del lavoro avvenuta all’ultimo Film Festival di Torino – viene da Giampiero Riverberi, arrangiatore storico di Fabrizio De Andrè, e dalla fiamma di Mina Augusto Martelli, ma con il placet di Ornella Vanoni nel film viene presentato quale suo ex-amante". Fausto – da Riverberi ribattezzato Johnny – diventerà quindi il braccio destro tutto fare del musicista, e all’occorrenza anche il chitarrista della sua “Piccola Orchestra”. Quando andranno male le cose anche in questa seconda avventura musicale, Fausto tenterà la fortuna a Milano, dove giungerà in prossimità delle vacanze natalizie…

Lascia perdere, Johnny è riuscito e divertente, molto musicale, dal ritmo lento tipico di certi stereotipi meridionali (i lunghi tempi necessari a Fausto per “iniziare a carburare” alla mattina, ad esempio). Il film, per cui sono stati necessari nove anni di lavoro, è costruito principalmente sui suoi interpreti: da attore, Bentivoglio ha costruito come prima cosa un grande cast, composto da nomi ormai affermati e di sicuro rendimento (Toni Servillo, Valeria Golino, lo stesso regista, Sastri, Mathieux) e da altri volti inseriti perché “giusti” (Peppe Servillo) e l’esordiente protagonista Antimo Merolillo – buona la sua prestazione in mezzo a tanti professionisti). Alcuni momenti di Lascia perdere, Johnny sono da ricordare a lungo: come le perle di saggezza del Maestro Falasco (Toni Servillo), ma anche il colloquio con il millantatore-autore di My way, Let it be e Imagine (alzi la mano chi immaginava fossero state scritte dalla stessa persona e – soprattutto – da un italiano…), lo struggente esordio “live” della Piccola Orchestra, in riva al mare al "Canto delle Sirene" di Capri sotto un improvviso acquazzone (sulle splendide note di Arrivederci, a firma Umberto Bindi).

Il film, ha raccontato ancora il regista a Torino (occasione nella quale ha ottenuto un notevole successo tra il pubblico con due proiezioni che hanno fatto registrare il tutto esaurito), non esisterebbe senza la Piccola Orchestra Avion Travel: è infatti grazie alle lunghe chiacchierate fatte a tavola – dal 1992 a oggi! – con il gruppo campano, e dai racconti “sgangherati” fatti dal loro chitarrista Fausto Mesolella che ha preso il via il progetto. Il titolo iniziale della pellicola – ha confessato ancora Bentivoglio – era L'apprendista Bacone, che “nello slang napoletano indica un musicista che non si perde mai d'animo, che suona anche quando non sa che sta suonando”. Qualche parola anche sull’esordio sullo schermo della coppia Toni-Peppe Servillo: se il primo resta esempio (quasi) irraggiungibile di bravura e di capacità di riempire lo schermo – in questo caso anche fisicamente vista l’enorme pancia da alcolizzato del suo personaggio, davvero ingombrante! – il secondo viene per lo più impegnato come cantante, ma dimostra anche di poter diventare un ottimo caratterista. E qui viene spontaneo fare una considerazione sulla colonna sonora, efficacemente divisa tra classici anni ’60-’70 (la già citata Arrivederci, Amore fermati di Fred Bongusto) e le ottime musiche originali del gruppo campano.

In conclusione, il giudizio è senza dubbio positivo. Il film funziona nella sua parte campana, mentre stona nel finale, una volta che l’azione si trasferisce a Milano, tra stereotipi (in Lombardia c’è la nebbia!) e una sceneggiatura che sembra davvero timprovvisata (ma non scendo in particolari per evitare spoiler). Un inizio sicuramente incoraggiante per questa seconda carriera di Bentivoglio (o terza, se si considera che nel 1996 ha pubblicato anche un disco, La guerra vista dalla luna, sempre con gli Avion Travel): nella speranza che i suoi tempi di lavoro si riducano in modo drastico (tre anni per il mediometraggio d’esordio, Tipota, del 1999, e nove per questo lungometraggio).
Carlo Griseri (www.cineboom.it)
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