Un incontro a Torino con Kurosawa Kiyoshi. L'occasione viene data dalla retrospettiva che il Museo Nazionale del Cinema di Torino ha dedicato al regista nipponico in collaborazione con l'associazione culturale neo(N)eiga. Un ampio omaggio che durerà 10 giorni (purtroppo in larga parte in contemporanea con il Far East Film Festival di Udine, che toglierà a questo evento qualche appassionato più radicale) e che è l'occasione per la prima visita torinese del regista.
"Quando si parla di Kurosawa Kiyoshi, si finisce spesso per usare espressioni come "sembra che..." o "si direbbe quasi...", avverbi come "forse" e termini quali "ambiguità" e "incertezza". Effettivamente è difficile definire il cinema di Kurosawa...": un estratto dal volume monografico di Giacomo Calorio - presentato nell'occasione dall'autore e intitolato "Mondi che si scontrano" - che rende chiaramente la complessità del mondo cinematografico del regista nipponico. Per capirci qualcosa di più, la parola viene passata a lui stesso. "Non ho potuto leggere il libro - ha esordito Kurosawa - perchè non conosco l'italiano, ma già solo guardarlo mi ha stupito: neanche in Giappone esiste un volume così dettagliato, una pubblicazione simile su di me! Questa retrospettiva mi rende molto felice, ma anche inquieto: saranno in programmazione anche i miei primi lavori, e ai tempi ero decisamente immaturo! Penso che mi vergognerò parecchio rivedendoli."
La retrospettiva si apre con Sakebi - Castigo (distribuito negli Stati Uniti come Retribution, ndr). Come si può descrivere questa sua ultima fatica?
Avrebbe dovuto essere un classico horror giapponese, come i tanti che negli ultimi anni hanno invaso i cinema del mio Paese, ma anche quelli di tutto il mondo. Sinceramente però mi è venuto a noia sia farli sia guardarli, quindi ho cambiato idea e vi ho inserito esperimenti nuovi. Sakebi quindi è venuto molto diverso dai film del genere j-horror, come ad esempio The Ring, ma con elementi che potranno farlo amare sia a chi ancora apprezza quelle pellicole sia a chi, come me, ne è è un po' stanco. Non so dire se faccia effettivamente paura, da chi lo ha già visto (il film è stato presentato lo scorso anno alla Mostra del Cinema di Venezia, ed è a Torino per l'anteprima nazionale) ho avuto risposte discordanti e io sinceramente di tutti i miei film non so più dire cosa fa paura e cosa no.
La sua visione del cinema è cambiata nel corso della sua carriera, dai primi piccoli film ad oggi?
Non guardo mai i miei film una volta che li ho finiti. Anche Cure, ad esempio, il film che mi ha dato il successo, non lo vedo dal 1997! Non vedendoli più, quindi, trovo la forza e lo stimolo per girare qualcosa di nuovo. Un film è il risultato del lavoro di tante persone: ricordo perfettamente di ogni mio film le esperienze sul set e ciò che ho imparato da ogni singola persona e situazione. Ma dimentico completamente il contenuto. Non ricordo niente altro.
Spesso i suoi personaggi sono figure contradditorie. Come mai?
Vero, sono in un certo senso contraddittori perchè i miei film sono quasi sempre dei percorsi e capita che tale sviluppo faccia sembrare una persona alla fine diversa da come era all'inizio. Per noi giapponesi è normale pensare che una persona non cambi più di tanto durante il corso degli eventi, ma io la penso diversamente. Anzi, ritengo che il me stesso di oggi sia diverso anche dal me stesso di domani, e faccio trasparire dalle mie pellicole tutto ciò..
Carlo Griseri (www.cineboom.it)
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