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Titolo:
I predatori del fiume azzurro
pag. prezzo euro
A cura di
Edizioni
VIVERE SUL FIUME
E’ facile che pensando al documentario naturalistico vengano in mente paesaggi esotici, mete irraggiungibili, condizioni di vita estreme, immagini di animali pericolosi, o di specie in via di estinzione. I predatori del fiume azzurro non è nulla di tutto ciò, ma è anche tutte queste cose insieme: suggestive immagini di paesaggio "esotico", nelle sembianze del Parco Naturale del Ticino, sono le quinte dell’incontro/scontro con condizioni di vita estreme del martin pescatore e della lontra, animali magari non pericolosi per l'uomo ma voracissimi cacciatori, la cui estinzione è ancora lontana (ma solo se determinate condizioni ambientali si manterranno...).

Questo documentario è balzato agli onori delle cronache per le sue vittorie in prestigiosi festival internazionali del settore: è stato il trionfatore assoluto del Dragone d'Oro nella categoria "Nature and Environment" all'ultima edizione del Beijing International Scientific Films Festival di Pechino, e ha vinto due riconoscimenti al XIII Valle d'Aosta International Nature Film Festival - Trofeo Stambecco d'oro di Cogne (Premio Marisa Caccialanza e Premio LIPU - Mario Pastore, per il miglior film di produzione italiana nonché il miglio film sugli uccelli). Analizziamo meglio questo incredibile lavoro parlandone con gli autori, Paolo Fioratti - editore di periodici e libri di natura e cultura, documentarista nonché Presidente dell'Associazione Fotografi Naturalisti Italiani - ed Eugenio Manghi - fisico, giornalista e fotografo naturalista.

I protagonisti sono il martin pescatore e la lontra: perché questa scelta?
Eugenio Manghi (EM) - Si tratta di due indicatori biologici rilevanti, e di due specie animali di cui siamo molto esperti oltre che appassionati (Manghi è da anni uno studioso delle lontre, Fioratti dei martin pescatori, NdI). Se in una zona si trovano lontre, vuol dire che c'è un'ottima quantità di pesce e che l'acqua è buona. Sono due animali uniti da caratteristiche fondamentali, in particolare dal fatto di essere entrambi dei super-predatori, ciascuno nella sua specie. Sono "costretti" a mangiare molto pesce molto spesso.

La decisione di avere come protagonista il martin pescatore è quindi dovuta alla sua conoscenza approfondita e alla sua passione per questo uccello. Da cosa nascono?
Paolo Fioratti (PF) - Mi sono avvicinato al martin pescatore da ragazzo: la mia famiglia ha una proprietà in Veneto, nei pressi del Piave, e io da ragazzino lo vedevo volare. Mi ha sempre incuriosito per i suoi colori tropicali, e negli anni a venire anche per la sua particolare storia: è un uccello che arriva dalla Malesia, giunto in Europa da circa 10.000 anni, dopo l'ultima glaciazione, e poi vi è rimasto. Si tratta comunque di una specie a rischio: basterebbe un inverno particolarmente rigido per farne morire il 90% circa.

Dottor Manghi, anche la sua è una vera passione per l’animale che ha ripreso per il documentario, la lontra, a cosa è dovuta?
EM - Si tratta di una specie intelligentissima e particolarmente elusiva - un vero "spettro" della natura fluviale - oltre che un indicatore biologico d'eccezione sulle condizioni di salute di fiumi e laghi. La mia passione nasce anche dall'amore per il Canada, dove ne vidi un esemplare per la prima volta nel 1981... Ma anche dal caso: nel 1997 ero alla ricerca di un soggetto un po' "difficile" per poter dimostrare le mie doti di naturalista e operatore video di natura. Mi offersi come documentarista per il "Progetto Lontra" del Parco Piemontese della Valle del Ticino, ed è soprattutto facendo appostamenti per oltre 3 anni, al ritmo di 2-3 alla settimana, per decine e decine di ore, che imparai tantissimo su questi mammiferi e diventai un loro amico inseparabile.

Uno sforzo premiato...
EM - Decisamente: basta pensare che, prima di vedere la mia prima lontra, rimasi appostato per un totale di circa 100 ore... Poi imparai a "vedere" le lontre attraverso la scia di bolle che si lasciano dietro quando nuotano sott'acqua. Per molto tempo queste furono le sole "osservazioni" possibili; poi imparai a intravvederle sotto le sponde dei laghetti e così via. Ma poi iniziammo anche a comunicare: a seconda di come fischiavo, nel buio, loro sapevano dove dirigersi per catturare il pesce-esca che avevo predisposto sott'acqua davanti alla telecamera, e l'utilizzo di lampi di luce le indirizzava meglio. Dopo un paio d'anni arrivarono perfino ad accettarmi con loro in acqua e potei girare le sequenze migliori, muovendo la telecamera dietro o verso di loro. Sono animali davvero speciali.

Come vi siete suddivisi il lavoro?
PF - Ognuno di noi ha lavorato nei primi anni alla sua parte di riprese dedicandosi ad un animale, solo alla fine ci siamo riuniti per completare l’opera. Nei miei uffici abbiamo provveduto a tutta la fase di post-produzione, per un totale di quasi sette anni di lavorazione. Le riprese si sono svolte lungo il Ticino, in Veneto e in Malesia, terra d'origine del martin pescatore. Io, in particolare, Ho utilizzato una apparecchiatura altamente specializzata, una telecamera in DV capace di riprendere 200-300 fotogrammi al secondo, l'unico modo per riuscire a riprendere nel dettaglio il veloce movimento di un tuffo!

Come è strutturato il documentario?
EM - Il martin pescatore e le lontre hanno vite parallele, l’elemento d'unione delle loro storie è l'ambiente (un ambiente in cui si muovono anche altri animali comprimari: folaghe, faine, allocchi - uno spasso la scena a ritmo di musica! -, aironi cenerini, scriccioli, sparvieri e moltissimi altri, NdI).

PF - La loro pesca è profondamente diversa: l'uccello si tuffa, restando in acqua solo per 1/25 di secondo (con "prede" di circa 7-8 grammi, ma a volte anche pari a un terzo del suo peso), la lontra invece nuota a lungo per pescare quanto è sufficiente a soddisfare il proprio fabbisogno, con pesci che arrivano al chilo.

Nella motivazione del premio cinese si legge: "Si tratta di un ottimo, completo documentario che ha attratto la nostra attenzione sulle creature che popolano un ambiente fluviale di norma poco appariscente, attraverso un buon stile narrativo, buoni contenuti, eccellente fotografia ed eccellenti editing e colonna sonora". La qualità delle riprese è effettivamente notevole. Come siete arrivati a partecipare al festival di Pechino?
EM - Il mercato del documentario classico naturalistico non va bene, finanziariamente questa avventura è stata poco riuscita per ora: il pubblico richiede maggiormente prodotti di tematica storica, in cui l'uomo è al centro. Contrariamente, però, questo nostro lavoro sta avendo una grandissima fortuna ai festival. Noi in Cina abbiamo spopolato, con una partecipazione suggerita dai nostri distributori che - onestamente - non speravamo diventasse vincente!

PF - Al Festival di Beijing, così come a quello di Cogne, hanno partecipato alcune delle principali produzioni internazionali, come ad esempio la BBC, con prodotti realizzati grazie a budget enormemente maggiori del nostro! La sorpresa e la soddisfazione per la notizia è stata davvero grande.

Quali sono state le vostre esperienze precedenti alla realizzazione di questo lavoro?
EM - Non si tratta del mio primo documentario, ma è il primo autoprodotto e di così grande respiro. Ho iniziato nel 1997, per la rivista Airone, con un lavoro che si chiamava Nella terra degli Inhuit. In quel periodo ho iniziato anche a fare l'operatore, un ruolo che ho svolto però solo negli anni a venire. Nel 1999 ho aperto la mia casa di produzione, la White Fox, con cui ho iniziato a realizzare documentari miei.

PF - E' stata la mia prima volta nel campo del montaggio, e devo ammettere che ne sono molto soddisfatto! Anche per la ripresa è stato un esordio: Eugenio ha insistito fin dall'inizio affinchè lavorassimo in digitale, e perché riprendessi io. Non lo avevo mai fatto e ne è nata un'esperienza davvero significativa!

Il vostro rapporto di lavoro come è nato?
EM - Con Paolo ci conosciamo da tempo: negli anni '80 fu il mio maestro di fotografia, ho iniziato la mia carriera professionale quando lui dirigeva Oasis. Nel 2000 abbiamo deciso di dar vita a questo documentario, che ci ha occupato per oltre 5 anni.

Una cura particolare è stata riservata alla colonna sonora: brani musicali splendidi, perfetto controcanto delle immagini, a volte sottolineate ritmicamente dal suono, altre amplificate da scelte timbriche ed armoniche fortemente caratterizzanti, spesso in simbiosi con le immagini (i colpi di timpano che accompagnano i gesti del martin pescatore che finisce le sue prede, l'ingresso del fagotto associato ad ogni apparizione della lontra, i leggeri tocchi di pianoforte tra la nebbia o la fanfara che sottolinea una conquista).
PF - Se ne è occupato un amico, bravissimo, Roberto Nazzari. La colonna sonora tra l'altro è stata più volte segnalata nei festival e allo Stambecco d'oro ha ricevuto una menzione speciale.

In questi giorni il Parco del Ticino ha voluto omaggiare il lavoro con una proiezione speciale, programmata a Villa Picchetta. Nell'occasione sarà proiettato anche un estratto da Going North, il nuovo lavoro di Eugenio Manghi.
EM - Sono al lavoro da quattro anni, e sto realizzando il montaggio in questi giorni. Si tratta di un documentario che indaga sul problema del riscaldamento globale dal punto di vista della natura, approfondendo i recenti cambiamenti dei comportamenti animali e della vegetazione. Il documentario identifica, in particolare, alcuni "corridoi biologici" tra Italia, Francia e Svizzera - ma anche in Canada, dove è possibile trovare la prova concreta delle strategie di sopravvivenza che la Natura sta attivando per conservare il complesso equilibrio dinamico del nostro pianeta. Secondo uno studio al momento sta migrando il 90% degli animali del globo, e gli ostacoli della parcellizzazione del territorio (costruzioni umane, strade, fabbriche, case, monocolture...) rischiano seriamente di bloccare questo flusso. Uno dei maggiori corridoi presenti è quello costituito dal Po e dai suoi affluenti (come il Ticino): è importante quindi salvaguardare questi corridoi, proteggerli, senza dimenticare la loro acqua. Questo lavoro vuole essere anche un appello al buonsenso.

Anche lei, dottor Fioratti, è di nuovo al lavoro?
PF - Sì, sono impegnato nella progettazione del mio nuovo documentario: sarà dedicato agli organismi specializzati a vivere in alta quota, un progetto difficile anche dal punto di vista atletico-fisico (a causa delle temperature estreme). Ci lavorerò per alcuni anni, in tutto il tempo che riuscirò a "strappare" al mio lavoro di editore.

I predatori del fiume azzurro è stato acquistato all'estero?
EM - Abbiamo appena concluso la trattativa col canale francese Ab Droit Audiovisuel, che trasmetterà il lavoro via satellite e via cavo per i prossimi 3 anni. In Italia abbiamo avuto un passaggio su Quark, mentre per gli Stati Uniti è andata male una trattativa con Nova Channel e una con la Cornell University non si è conclusa per motivi di esclusive.
Ma non disperiamo: c'è di buono che si tratta di un lavoro che non invecchierà mai!
Carlo Griseri (www.cineboom.it)
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