RICORDI DI CINEMA NELLA VALIGIA
Passeggiare nella Reggia di Caserta e immaginare di essere uno dei protagonisti di Star Wars Episode I. Salire sull’Empire State Building e sperare di veder sbucare da un momento all’altro la sagoma di King Kong. Vagare per le distese verdi della Nuova Zelanda e sognare di incontrare uno Hobbitt…
Quante volte viaggiando per l’Italia e per il mondo vi è capitato di provare una sensazione di deja-vu, e facendo mente locale ricordare che quello stesso panorama, quell’identico scorcio erano presenti nella trilogia de Il Signore degli Anelli o nella serie tv di Montalbano?
Il cinema con la valigia, volume collettivo curato da Roberto C. Provenzano, docente di cinema e audiovisivi presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) di Milano, si propone di effettuare un’approfondita analisi su come il cinema trasformi i paesaggi rappresentati e analizzi le complesse motivazioni psicologiche che hanno dato vita al fenomeno del cineturismo. Un viaggio nella psiche del viaggiatore, ma anche un approfondimento sull’atto del “guardare”.
Come nasce e come si è sviluppato il lavoro? Quali sono state le difficoltà maggiori nel mettere insieme le diverse parti?
Il libro ha origine dalla tesi che assegnai a una mia studentessa (Licia Bocchiola, NdI) incentrata sul cineturismo e il cui titolo è stato ripreso per l’intero volume: per quanto ne so, è stata la prima totalmente dedicata a questo argomento.
Il carattere collettivo ha reso l’opera un po’ complessa da gestire, ma il risultato finale è di sicuro corposo e articolato: alla tesi è stata aggiunto un mio scritto sul viaggio e sulla “scoperta dell’alterità”, un approfondimento sulle mete cineturistiche a firma di Elina Messina e altri brevi saggi di Riccardo Caccia, Valentina Barzaghi e Rossana Foresti.
Lei è un cineturista? Quali sono i suoi ricordi in tal senso?
Sicuramente sì, mi posso definire un “cineturista fai-da-te”. Ho sperimentato sulla mia pelle ciò che significa dissonanza cognitiva, e cioè andare in un luogo e non trovarvi ciò che ci si aspettava. Anni fa mi sono recato a Karlovy Vary, in Repubblica Ceca, e mi è venuto naturale cercare la celebre stazione termale di Marienbad (“protagonista” del film di Alain Resnais L’anno scorso a Marienbad, vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 1961, NdI), non ritrovando nulla di ciò che avevo sperato. Solo dopo (l’era di internet e della facilità di accesso alle informazioni era ancora lontana) venni a sapere che la pellicola era stata girata per lo più nei castelli Brandeburghesi! Per fortuna negli anni seguenti sono stati molto più numerosi i cine-viaggi riusciti.
Da semplice turista le è capitato di visitare luoghi ancora poco (o per nulla) sfruttati dal cinema, che si aspetta di vedere prima o poi sul grande schermo? Quali?
Tantissimi! Ce ne sono soprattutto numerosi che sono stati mal sfruttati dal cinema, come ad esempio la Costa Smeralda: è piena di scorci meravigliosi, e al cinema la ricordiamo solo per film come Paparazzi (di Neri Parenti, con Massimo Boldi e Christian De Sica, NDL) che di certo non riescono a valorizzarla e non ci provano nemmeno. Un altro esempio è Panarea, così come tutti i luoghi immortalati nei film cosiddetti “vacanzieri”.
A Capri recentemente sono riusciti a evitare che la fiction omonima venisse girata a Cipro (il che avrebbe creato nell’eventuale cineturista il più classico dei problemi: meglio visitare i luoghi effettivamente visti sullo schermo o andare in quelli che vengono raccontati?). Un problema simile si avrà a breve, quando uscirà al cinema Angeli e demoni tratto dal libro di Dan Brown e ambientato quasi interamente nella città del Vaticano e a Roma, ma girato a Berlino.
Accade spesso, per motivi economici principalmente, che molti luoghi vengano ricostruiti o sostituiti nelle riprese: un efficiente cineturista come dovrebbe comportarsi? Preferire il luogo diegetico o quello del discorso filmico?
Esistono comunque molti luoghi, molte città, che compaiono poco o per nulla al cinema: evidentemente non ne hanno turisticamente bisogno o hanno film commission che non vi lavorano in modo soddisfacente.
Oggi il cineturismo in Italia è in una fase di crescita: oltre all’Ischia Film Festival (concorso internazionale che premia le produzioni audiovisive per le location selezionate), si susseguono le pubblicazioni ed escono anche le prime guide specializzate: come vede il futuro del settore?
C’è stata effettivamente un’esplosione di interesse, in un primo momento, ma i tour operator italiani hanno percepito che si trattava di un fenomeno effimero: in effetti, dopo qualche anno dall’uscita, sono pochi i film per cui il flusso di turismo può rimanere costante. In più tante volte le location sono aggiustate al computer, o situate in case di privati (molte ville del lago di Como), o addirittura smantellate al termine delle riprese (è il caso de Il Mandolino del Capitano Corelli, citato nel libro, NDL).
Siamo in una fase di assestamento necessaria, ma il cineturismo fatica ad organizzarsi come turismo a sé stante: la strada del fai-da-te è più facilmente percorribile, accanto a una forma tutta particolare che coinvolge l’aspetto ludico e culturale (parchi a tema, in un caso, e luoghi come il Museo Nazionale del Cinema di Torino, nell’altro).
La scelta precisa, in quasi tutti i casi, è stata quella di preferire esempi di film recenti (alcuni anche della scorsa stagione cinematografica): da cosa è dipeso?
E’ dovuto a vari motivi: primo tra tutti, il fatto che gli studenti mal sopportano i film troppo datati! Poi il flusso turistico del cinema è legato fortemente all’attualità (come già detto, è difficile che vedendo un film di 50 anni fa possa venire voglia di partire per un determinato luogo) e, inoltre, due casi di film recentissimi, Babel di Alejandro Gonzalez Inarritu e Mille miglia lontano di Zhang Yimou, mi sono piaciuti molto e li ho trovati perfetti per affrontare una specifica parte del mio discorso.
Nel mio saggio introduttivo cito comunque film più “vecchi”, come Corvo Rosso non avrai il mio scalpo o Witness, in quanto perfetti per spiegare alcuni concetti espressi. Il secondo, in particolare, ha rappresentato negli anni ’80 un caso eclatante di cineturismo mal sopportato, con la comunità Amish al centro del film e invasa all’uscita nelle sale da turisti che poco o per nulla ne rispettavano gli spazi e le abitudini.
Nella fase centrale del libro vengono analizzate nel dettaglio tre città simbolo (Parigi, New York e Londra) nel loro rapporto col cinema: come sono state scelte? Pensa di approfondire il discorso su altre metropoli?
La scelta su queste tre città è stata più che ovvia, si tratta delle tre metropoli che più di tutte hanno goduto della fama cinematografica e hanno saputo rendersi riconoscibili sul grande schermo.
In Italia sono tante le città che hanno avuto una propria storia particolare, e vi sto lavorando per un nuovo volume: in questo non c’era più spazio, sono stati fatti 170 film solo su Milano! Così come, del resto, sto approfondendo anche il discorso su Berlino, analizzando i film di viaggio di Wim Wenders, a cui dedicherò spero presto! un altro libro.
Per concludere, ha qualche rimpianto a lavoro finito: ad esempio, ha visto altri film che avrebbe voluto inserire e non ha potuto per ragioni di tempo? O avrebbe cambiato qualcosa nella versione definitiva del volume?
No, nessuna aggiunta. Da dicembre data in cui ho consegnato la stesura definitiva non ho visto pellicole che potessero aggiungere qualcosa al discorso: da questo punto di vista, aspetto con molta curiosità il già citato Angeli e demoni.
Un dispiacere però ce l’ho: non aver potuto inserire, proprio all’ultimo, le foto delle città! Molti discorsi fatti perdono di forza senza un adeguato supporto di immagini, ma la qualità di quelle a mia disposizione era troppo differente e non sempre sufficiente, quindi si è deciso di eliminarle. Spero possano essere recuperate per una prossima edizione!
Carlo Griseri (www.cineboom.it)
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